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La libertà religiosa nella società pluralista

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CONVEGNO 2005 - PRESENTAZIONE

UN CORDIALE SALUTO RIVOLGO AI PRESENTI ED UN BENVENUTO NELLA NOSTRA CITTÀ AGLI ILLUSTRI RELATORI CHIAMATI DAGLI ORGANIZZATORI DIMISSIONE OGGI A DISCUTERE INTORNO AD UN TEMA CHE DEFINIREI CENTRALE PER LA NOSTRA CONTEMPORANEITÀ E PER LA NOSTRA CITTÀ (Brescia).

Mi ha colpito l'utilizzo del plurale nel titolo del convegno di oggi, "le religioni". E infatti, accanto alla dimensione culturale, sono convinto che si debba iniziare a riflettere, anche come amministrazioni, sulla dimensione interreligiosa o multireligiosa della comunità.

La sollecitudine di molti esponenti della Chiesa cattolica nel cercare luoghi e mezzi di dialogo o di incontro con le altre fedi religiose, non può lasciare indifferente chi amministra il bene comune nell'interesse di tutti i cittadini, di qualsiasi fede essi siano, all'interno di una comunità che si definisce laica e pluralista. Vorrei affermare che la libertà religiosa scaturisce dalla libertà della coscienza e si realizza nell'aperto confronto con altre sensibilità religiose e civili, si compie in rapporto all'altro, essendo sempre tollerante e relazionale. Una libertà non relazionale o irrispettosa delle libertà dell'altro, scade, infatti, a licenza, a privilegio, e finisce con l'esigere non garanzie, ma tutele o immunità.

LA LIBERTA’ RELIGIOSA COME FATTO INTERIORE

L'offesa recata alla libertà di culto, alla libertà dei popoli di condividere ed esternare in forme riconoscibili il comune sentire interiore, ha prodotto immani tragedie, legandosi alla privazione di ogni libertà, così come alla distruzione di intere civiltà. La libertà di culto da tempo è tratto distintivo della nostra civiltà. Le prime invocazioni della libertà religiosa procedono, nell'Occidente cristiano, dai grandi Padri della Chiesa. Il loro concetto di quella che Ilario di Poitiers chiama dulcissima libertas è di estrema chiarezza: concepita la religione come fatto interiore, proprio della coscienza umana, ne consegue irresistibile l'affermazione della sua incoercibilità e della sua libertà, nel convincimento di nulla potere o dover sacrificare della propria credenza individuale alle esigenze puramente esteriori della "storia" e dello Stato.

Di estrema rilevanza è però il passaggio dell'idea di libertà religiosa invocata dai singoli filosofi o pensatori al suo accoglimento come principio fondamentale di un determinato ordinamento politico e sociale. L'evoluzione della libertà religiosa in questi due campi, in quello del pensiero e dell'individuo e in quello del diritto e della comunità, non è proceduta sempre in perfetta sincronia.

DIRITTO DI TUTTI

Lo svolgimento della libertà religiosa considerata come principio universale e costituzionale, attraverserà infatti nella storia occidentale diverse fasi, dalle Paci di religione dell'età moderna agli Editti di tolleranza e di libertà di culto del '700, giungendo quindi alle cosiddette Dichiarazioni dei diritti dell'uomo e dei cittadini che introducevano il rivoluzionario concetto del riconoscimento e della tutela di diritti esistenti e non già di concessioni sovrane. Solamente nel '900 si registra l'affermazione della libertà di culto quale diritto inviolabile dei cittadini, sancito dalle Costituzioni che rappresentano le pietre angolari degli ordinamenti politici e legislativi contemporanei.

La storia ha plasmato quindi il divenire di questo principio teologico, filosofico e giuridico.

Principio che segna un'uguaglianza perfetta in fatto di libertà di coscienza e libertà di culto, che deve essere propria di tutti i cittadini, comunità e di tutti i culti senza distinzione possibile. In questo campo il numero, la condizione sociale, la sensibilità politica degli uomini e delle donne non contano.

Conta solamente la coscienza, che deve fruire di identica garanzia e libertà, nel rispetto rigoroso e non derogabile delle altrui libertà, quanto alle sue manifestazioni esteriori, individuali e collettive. Un'autentica libertà di culto presuppone quindi la libertà della coscienza, che si alimenta della libera formazione dei convincimenti individuali, della necessità di evitare ogni limitazione all'autodeterminazione personale, ed è resa possibile attraverso un ordinamento pluralista, attento a garantire non tanto le singole professioni religiose, ma la libertà religiosa in quanto tale, intesa, nella sua più ampia accezione.

IL PLURALISMO RELIGIOSO

Credo, dunque, che nella società di oggi, il tema della libertà di culto vada virato esattamente nella direzione proposta dal convegno odierno, ovvero la presenza di più credi religiosi in una società laica capace di garantire il pluralismo. Certo non sta a noi svolgere compiti di pastorale interconfessionale o interreligiosa, ma è sicuramente nostro dovere garantire la libertà di culto e di educazione religiosa sancita dalla carta costituzionale. Ma, l'assillo maggiore, ritengo sia quello di incanalare ogni manifestazione religiosa nella tradizione democratica e di rispetto delle libertà individuali e collettive che stanno alla base dei nostri ordinamenti, assumendo adeguate forme di prevenzione ed elevando ripari rispetto ad ogni manifestazione di radicalismo, estremismo, fondamentalismo.

E tale sforzo investe non solo le nuove comunità straniere, ma anche la nostra gente che fatica ad accettare i cambiamenti sociali: il "nuovo" ha bisogno di essere capito, conosciuto, per cui appare necessario offrire il massimo delle occasioni di conoscenza e di approfondimento. Non è un mistero il fatto che le comunità religiose, diverse da quella cattolica, trovino difficoltà a reperire luoghi di culto e non tanto perché le amministrazioni esprimano ostilità, ma perché molti cittadini protestano vivacemente nel vedere nuovi luoghi di culto di altre religioni, e anche l'amministratore più perspicace viene messo in seria difficoltà.

A BRESCIA OGGI

È chiaro che è soprattutto il fenomeno migratorio che introduce nel nostro Paese e nella nostra città una dimensione religiosa ormai multipolare, che si intreccia a una trasformazione del mondo dell'economia, del lavoro e della normale convivenza civile. L'immigrazione, diventando sempre più elemento costitutivo e strutturale della Brescia moderna, sta investendo la città sia in termini demografici sia in termini di arricchimento culturale e religioso. Oggi oltre il 50 per cento della popolazione straniera residente in città appartiene al variegato arcipelago delle comunità islamiche. Ma non è trascurabile il fatto che il 38 per cento, oltre 10.000 persone, degli immigrati sia di religione cristiana e di questi il 66 per cento, sia cattolico di diverse provenienze del pianeta. Il restante 34 per cento di cristiani è costituito da ortodossi, inclusi i copti egiziani. Ma vi sono pure gruppi sikh o buddisti, più consistenti in provincia.

Occorre dunque, per conoscersi, per dialogare, prima di tutto compiere uno sforzo per avvicinarsi il più possibile alla conoscenza dell'altro. Le amministrazioni pubbliche debbono garantire un contesto culturale che faciliti l'incontro delle differenze, quelle religiose incluse, in modo che ciascun cittadino, italiano o straniero che sia, possa esercitare il diritto delle libertà personali, di culto e di pari opportunità senza subire torti o limitazioni prive di fondamento costituzionale. Allo stesso tempo tutta la società civile, comunità religiose incluse, ha la missione di creare un clima di dialogo franco e pacato allo stesso tempo, volto a realizzare il bene comune.

PAOLO CORSINI, Sindaco di Brescia.

 



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