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Cristiani "realisti"? - A Santo Domingo

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La giustificazione della guerra da parte di molti cristiani sconcerta il responsabile di un sito web su mafia e dialogo tra le culture. Le impressioni di alcuni giovani genovesi in visita a due missionari italiani a Santo Domingo.

CRISTIANI “REALISTI”

Sono uno dei responsabili del sito www.cuntrastamu.org, nato a luglio con due obiettivi principali: portare le persone a interrogarsi sull’esistenza della mafia, una piaga sociale ed economica troppo dimenticata, e mettere a confronto, in pace e attraverso il dialogo, persone con idee politiche e religiose diverse.

In un momento delicato come questo, in cui alle parole si preferiscono le bombe, noi cittadini abbiamo il dovere – verso noi stessi prima di tutto e poi verso gli altri – di provare a costruire la pace in prima persona.

Sono rimasto impressionato dalla lucidità delle vostre analisi, che mettono in relazione i fatti attuali con le parole di Gesù. Ho abbandonato la pratica della chiesa cattolica molti anni fa, ma ne condivido in pieno il messaggio primario, che individuo (sperando di non sbagliare!) nella ricerca della pace, della fratellanza, della condivisione, dell’aiuto verso i più deboli.

Leggervi per me è stato ritemprante, giacché ho molti amici che professano la loro fede in Cristo e non esitano a giustificare la violenza delle guerre che facciamo ormai in tutto il mondo perché “bisogna essere realisti”.

ENRICO NATOLI, Roma.


A SANTO DOMINGO

Siamo partiti in tredici da Genova per trascorrere una decina giorni in una missione, che da dieci anni opera in un quartiere tra i più poveri di Santo Domingo: el Guaricano.

Distese di baracche di lamiera ammassate in un caldo torrido, senz’acqua perché il monopolio di quella potabile è detenuto da una delle famiglie più potenti del luogo; fogne a cielo aperto emananti un odore nauseabondo, i cui liquami spesso provengono dalle zone circostanti più ricche e dalla cosiddetta “Città Modello”. Questa è una specie di fortezza ai confini del barrio, costruita per essere isolata e autosufficiente; sarà la causa della sua evacuazione perché chi vi andrà ad abitare, potrebbe essere infastidito dalla visione della baraccopoli e dal suo fetore. Le piogge trasformano le strade, sterrate e piene di buche, in torrentelli fangosi che trasportano la spazzatura ammassata ai lati della strada. Qui giocano tantissimi bambini.

Come sottofondo perenne, un frastuono di musica e di televisori accesi su telenovelas, i cui protagonisti sono improbabili attori biondi e aitanti. La corrente elettrica arriva dagli Usa – è questa una delle cause della dipendenza economica della Repubblica Dominicana dalla potenza continentale – e si dirama ovunque, basta un filo conduttore attaccato agli affollatissimi cavi elettrici. Invece, le ambulanze e i carri funebri non arrivano nel barrio, che pure conta 200mila abitanti, e questo è uno dei tanti problemi contro cui lottano don Lorenzo e don Paolo.

Don Paolo gestisce un centro nutrizionale, il dispensario medico con l’aiuto di alcune suore indiane, e la scuola, che presto raggiungerà il livello liceale.

In questo quadro piuttosto sconfortante, la fede e la spiritualità sono un vero e proprio faro, che diventa fulcro della vita di molte persone. La popolazione è quasi tutta cristiana, ma coloro che frequentano la parrocchia sono una minoranza, pur se molto partecipe: la chiesa non porta solo il messaggio evangelico, ma è anche un’autorità rispettata dalla gente, che resta sottomessa a un governo incurante e a una polizia corrotta. Dio è sentito vicino alle esigenze e alle preghiere del popolo.

ASSOCIAZIONE “AMICI DEL GUARICANO”, Genova.



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