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NEL 60° ANNIVERSARIO DELL’ASSASSINIO DI PATRICE LUMUMBA QUALCOSA SI MUOVE IN CONGO RD

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Nell’omelia del 30 giugno scorso, in occasione dei 60 anni dell’indipendenza del paese, l’arcivescovo di Kinshasa, Fridolin Ambongo Besungu, ha usato toni critici nei confronti della coalizione Fcc-Cach alla guida del paese: “Della coalizione non resta che il nome... Non si fidano più l’uno dell’altro. Hanno sviluppato una pericolosa rivalità che rischia di trascinare il paese nel caos… Il governo è completamente paralizzato e il servizio dovuto alla popolazione è sacrificato. Il popolo è abbandonato. Insomma, la coalizione al potere ha perso la sua ragion d’essere”. Fatto sta che, alla fine delle consultazioni per creare una “Sacra unione della nazione” nel dicembre scorso, il presidente Tshisekedi ha deciso di rompere l’alleanza con il suo predecessore Joseph Kabila. Questa rottura ha avuto la sua conferma in Parlamento con la destituzione della presidente dell’Assemblea nazionale, Jeannine Madumba, e del suo staff con un voto di sfiducia di 281 deputati su un totale di 500. Questo voto ha permesso a Tshisekedi di verificare l’esistenza di una nuova maggioranza e di nominare un “informatore” per costatare se effettivamente esista la possibilità di formare un nuovo governo. Infatti, il 31 dicembre scorso, Tshisekedi ha nominato “informatore” il senatore e uomo d’affari Modeste Bahati Lukwebo, 64 anni, originario del Kivu e capo dell’Afdc-Alliés (Alleanza delle forze democratiche del Congo e Alleati), che per primo si era avvicinato alla proposta del presidente. Questa coalizione raggruppa i partiti dissidenti della piattaforma Fcc di Joseph Kabila. Lukwebo ha 30 giorni, rinnovabili una sola volta, per individuare una nuova coalizione di maggioranza. 

Lukwebo è un ex-ministro di Kabila, dissidente del Fcc, per non essere stato scelto per cariche più importanti. Avrebbe voluto essere il delfino di Kabila. L’avvicinamento a Tshisekedi costituisce dunque una sorta di rivincita politica, con il pericolo che insegua più la sua ambizione personale piuttosto che il bene della popolazione. Per Tshisekedi però è importante perché, per la sua posizione, Lukwebo può far transitare deputati del Fcc nel suo progetto di “Sacra unione per la nazione”. Dal canto suo, Martin Fayulu, che si considera ancora il vero vincitore delle elezioni del 2018, giudica questa “transumanza politica” come uno dei “cancri del paese” e non ha accettato di unirsi alla proposta di Tshisekedi che vede ancora come usurpatore del potere. È ormai consueto nella politica congolese che di fronte alle variazioni dei rapporti di forza si assista a un riposizionamento degli attori politici, più per interessi personali che per la ricerca del bene della popolazione. La minaccia da parte del presidente di sciogliere le Camere, come extrema ratio, ha infatti intimorito molti deputati che, per non perdere il loro stipendio parlamentare, hanno cambiato casacca.

Molti paesi hanno però manifestato la loro disponibilità ad aiutare Tshisekedi a cambiare il “sistema Kabila”, soprattutto per salvaguardare i propri interessi. Due esempi fra gli altri. Gli Stati Uniti sostengono Tshisekedi anche se riconoscono che è arrivato al potere dopo un processo elettorale manipolato, seppure pacifico. Lo sostengono perché è un civile e figlio dello storico oppositore del regime di Mobutu, Felix Tshisekedi. Perciò hanno ripreso la cooperazione militare e il 22 dicembre 2020, la Casa Bianca ha reintegrato il Congo RD nell’Agoa (African Growth and Opportunity Act). Questo permette ai produttori congolesi di esportare direttamente verso gli Usa più di sei mila prodotti senza tariffe doganali. Il Congo RD aveva perso questo privilegio nel 2010 con Barack Obama in seguito all’inquietante sistematica violazione dei diritti umani. In gioco ci sono le materie prime, che Kabila aveva consegnato con contratti al 90 per cento alla Cina e che ora, con il sostegno a Tshisekedi, gli Stati Uniti cercano di recuperare. Il 6 gennaio 2021, il ministro degli esteri cinese è stato ricevuto dal presidente con lo scopo di rinforzare le relazioni tra i due paesi e soprattutto confermare il “Progetto Sicomine”, chiamato appunto “i contratti cinesi”. Questi sono stati ratificati con Kabila con un prestito di 14 miliardi di dollari equivalenti allo stesso valore in rame, cobalto e minerali delle cosiddette “terre rare”. Sono stati confermati i grandi progetti che fanno parte della “Via della seta” che consiste nel mettere in cantiere grandi infrastrutture che favoriscano il commercio. È stata anche annunciata la cancellazione di 28 milioni di dollari di debito.

Ma mentre si stipulano questi trattati commerciali e politici il popolo congolese continua a soffrire. Il primo allarme viene dalla Fao, che allerta circa l’insufficienza alimentare di 22 milioni di congolesi, ossia di un congolese su quattro, a causa dei conflitti interetnici, dei gruppi armati, della chiusura delle frontiere nazionali e provinciali come misura per arginare la pandemia da Covid-19. Soprattutto nell’Est del paese continuano i massacri della popolazione civile. Solo nei primi giorni di gennaio nel territorio di Beni e specialmente nel settore Ruwenzori, nelle località di Tingwe, Mwenda, Nzenga, Lose Lose, sono stati massacrati un centinaio di civili dai gruppi armati dell’Adf, legato allo Stato Islamico. Uno dei principali movimenti della società civile, Lucha, stima che nel 2020, nella sola regione di Beni, sono stati uccisi 1.206 civili, senza contare i soldati congolesi periti nei combattimenti.

La stessa Missione dell’Onu, una delle più numerose al mondo, con circa 14.000 soldati e con un budget di un miliardo all’anno, e il cui mandato è stato prolungato di un anno, è accusata d’inefficacia in quella che dovrebbe essere una delle sue prerogative più importanti: proteggere la popolazione civile e arrestare gli attacchi deli Adf. Il cardinale di Kinshasa, Fridolin Ambongo Besungu, si è recato in visita a Butembo dal 27 al 31 dicembre scorso proprio per incoraggiare il vescovo di Beni-Butembo, mons. Melchisédech Sikuli Paluku, e manifestare la solidarietà della Chiesa cattolica del Congo RD. Mons. Melchisédech continua, da anni, a gridare al governo congolese e al mondo la sofferenza della popolazione della sua diocesi il cui Calvario sembra non aver fine. Chissà che alla vigilia dell’anniversario dell’assassinio di Patrice Lumumba qualcosa non si muova in Congo RD nella direzione di un nuovo governo più attento al bene comune del popolo congolese!



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