IN MARGINE ALLA STRAGE DI DACCA - LETTERA AL DIRETTORE DI REPUBBLICA
Caro direttore Mario Calabresi, davvero indovinate le sue riflessioni sulle vittime italiane della strage di Dacca. Ne parla con un’attenzione e un rispetto ineccepibili: “Esiste un esercito di italiani invisibili, che solca il mondo per lavorare, fare affari o volontariato o, semplicemente, per provare a reinventarsi una vita dove si spera ci sia spazio. Si parla pochissimo di loro, sono ai margini dei circuiti turistici, può capitare di incontrarli negli aeroporti o in fila in qualche consolato, ma li scopriamo solo quando succede qualcosa di tragico” (R.it – Cronaca, 3 luglio 2016).
Peccato che, tra le categorie di italiani che solcano il mondo per lavorare, lei non abbia citato i missionari, che in Bangladesh sono numerosi, presenti soprattutto tra i più poveri, i fuori casta, i tribali, per promuoverne la dignità e i diritti umani. Se si parla già pochissimo di questo “esercito di italiani invisibili”, figuriamoci dei missionari! Eppure questi ultimi sono circa 10mila nel mondo: religiosi, suore, preti diocesani, ma anche molti laici. Anch’essi fanno parte di quel “mondo silenzioso e instancabile”, di quella “rete di persone di cui di solito non ci occupiamo, che merita rispetto e ammirazione”. Sono parole, le sue, che definiscono bene, anche se inconsapevolmente, i missionari.
Se questi “italiani invisibili” – “che si alzano all'alba, che solcano i continenti e che fino ad oggi non si sono mai fatti fermare” – meritano tanto rispetto e ammirazione da convincerla a “raccontare la loro eccezionale normalità”, perché non farlo anche per i missionari che solcano il mondo non per “fare affari” e nemmeno per “provare a reinventarsi una vita”, ma semplicemente per condividere la propria vita con i più poveri tra i poveri? Se Repubblica raccontasse anche di questi “italiani invisibili”, come sa fare lei, non retoricamente, credo che ne gioverebbero sia i missionari italiani – in Bangladesh, ma non solo –, che si sentirebbero meno abbandonati nello svolgimento della loro missione, sia il nome del nostro paese, di cui i missionari sono spesso gli ambasciatori più autentici, anche se non riconosciuti.
- MARIO MENIN, direttore di Missione Oggi
- FILIPPO ROTA MARTIR, direttore di Missionari Saveriani