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CONGO RD / NUOVO SCENARIO POLITICO E NUOVE TENSIONI CON I VESCOVI

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Dopo oltre due anni dalla sua elezione a presidente, Felix Tshisekedi sembra finalmente prendere in mano le redini del paese, libero dai lacci del patto segreto che lo legava al suo predecessore Joseph Kabila. Con la sua iniziativa “Sacra unione”, Tshsekedi ha saputo mettere insieme, in meno di tre mesi, una nuova maggioranza parlamentare e nominare un nuovo primo ministro, Jean-Michel Sama Lukonde Kyenge, direttore generale della Gecamine (Générale des carrières et des mines), società commerciale dello Stato, 43 anni, ingegnere, ex deputato e ministro dello sport sotto Kabila, originario della regione del Katanga, nella quale Kabila si è chiuso in un grande silenzio. Sama Lukonde si era dimesso per protesta contro un eventuale terzo mandato di Kabila e si era schierato all’opposizione con il partito “Ensemble” di Moise Katumbi. Il neo primo ministro è ora impegnato nelle consultazioni in vista della formazione del nuovo governo che dovrà rappresentare tutte le forze che hanno aderito alla “Sacra unione”.

È su questo nuovo scenario politico che si sono pronunciati i vescovi della Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo), nel loro primo messaggio del 2021 dal titolo “Lacerate i vostri cuori e non le vostre vesti. Il popolo attende ancora”. Il messaggio, presentato in conferenza stampa il 1° marzo, ha suscitato le ire dell’ufficio stampa della presidenza e di alcuni quadri del partito del presidente Tshisekedi. I vescovi, che hanno seguito da vicino l’evoluzione politica del paese, denunciando l’inefficienza della coalizione Tshisekedi-Kabila, si rallegrano del cambiamento avvenuto, ma rilevano come i cambiamenti per costituire la “Sacra unione” sono avvenuti in un’atmosfera di tensione e secondo dinamiche che suscitano qualche sospetto sulla moralità di certe procedure. Per questo essi invitano i nuovi leader delle istituzioni statali a procedere secondo le disposizioni legali privilegiando il bene della popolazione e la coesione sociale: “L’adesione massiccia alla Sacra non può essere giustificata dal mero riposizionamento politico, ma soprattutto dalla rottura con gli anti valori. Perciò, solo gli uomini e le donne, che nel passato hanno dato prova di buona etica e hanno dimostrato competenza, meritano di essere cooptati per gestire le istituzioni dello Stato e le imprese pubbliche. Il popolo rimarrà frustrato nel veder ritornare al potere coloro che hanno partecipato al saccheggio, all’insicurezza, alla violazione dei diritti umani, senza il minimo segno di pentimento e conversione”.

Riaffermando il valore della democrazia e del suo consolidamento, i vescovi indicano tra le priorità del prossimo governo: “le riforme elettorali”, “la legge sull’organizzazione e il funzionamento della Ceni (Commissione elettorale nazionale indipendente)”. Ma l’espressione che più ha irritato chi lavora all’ufficio stampa del presidente è stata la raccomandazione al nascente governo di “fare il possibile per vincere la scommessa di organizzare elezioni credibili, trasparenti e pacifiche nel 2023 e non più tardi”! I vescovi sono stati subito accusati dall’ufficio stampa della presidenza di un’eccessiva esposizione politica, che li allontana dal loro ministero pastorale e dai luoghi di culto. Sono stati accusati perfino di attivismo insurrezionale. L’ufficio stampa del presidente ricorda ai vescovi che l’organizzazione delle elezioni è compito della sola Ceni. I suggerimenti dei vescovi sono considerati ingerenze, persino provocazioni, anche in considerazione della contrarietà che essi avevano manifestato in occasione delle elezioni del 2018 nell’accettare i risultati che hanno portato all’elezione dell’attuale presidente. L’ufficio stampa ricorda che i risultati furono riconosciuti dalla Corte costituzionale, contrariamente alle dichiarazioni dei vescovi. Infine l’intervento dei vescovi viene paragonato a “un calcio in un formicaio, senza che se ne conoscano le conseguenze”. Un messaggio intimidatorio, quasi minaccioso, nei confronti dei vescovi. Bisogna risalire ai tempi di Mobutu per assistere a una tale esplicita diatriba con l’allora card. Malula, tensione che nemmeno Kabila si era azzardato ad infiammare.

Accuse gratuite, di chi dimostra fastidio a ricevere osservazioni; affermazioni anti storiche, di chi è ancora legato al vecchio regime; affermazioni che denotano mancanza di unanimità all’interno del nuovo governo in fieri. Infatti, il 3 marzo, lo stesso incaricato stampa del presidente, Kasongo Mwema, in un tweet ha sottolineato che c’è stata “precipitazione” nel comunicato dell’ufficio stampa, senza rispettare “tutte le procedure per essere messo in rete”. Quanto basta per riconoscere il tentativo maldestro di risposta. Fatto sta che l’8 marzo, il presidente Tshisekedi ha rimaneggiato i servizi della presidenza nominando un nuovo direttore dell’ufficio stampa nella persona di Eric Nyindu Kibambe, giornalista formato in Belgio.



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