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BURUNDI / IL PUNTO DI VISTA DEI VESCOVI SULLE ELEZIONI

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Il giorno dopo la pubblicazione ufficiale dei risultati da parte della Ceni (Commissione elettorale nazionale indipendente), che ha proclamato presidente il generale Évariste Ndayishimiye, candidato del partito al potere Cndd-Fdd, con il 68,72 per cento dei voti, la Cecab (Conferenza dei vescovi cattolici del Burundi) riporta il suo punto di vista sulle elezioni in un comunicato del 26 maggio 2020.

I vescovi analizzano i primi dati provvisori trasmessi dai 2.716 osservatori preparati dalla Chiesa cattolica e accreditati dal Governo. Avrebbero dovuto essere 14.655, tanti quanti il numero dei seggi, per procedere a un conteggio parallelo come era avvenuto in Congo RD, ma il partito al potere ha messo forti restrizioni. Gli osservatori sono comunque arrivati in tutti i Comuni e hanno costatato che il triplice scrutinio si è svolto, sì, in un clima generalmente calmo, ma che le infrazioni osservate generano non pochi dubbi sulla legittimità democratica delle elezioni.
Infatti, secondo le testimonianze degli osservatori, ci sono state molte deplorevoli irregolarità circa la libertà e la trasparenza del processo elettorale, così come circa l’equità nel trattamento dei candidati e degli elettori. Tra le irregolarità i vescovi deplorano la pressione esercitata su alcuni osservatori nel firmare i verbali dello spoglio delle urne prima ancora che lo spoglio fosse eseguito; il riempimento di alcune urne con voti falsi; il voto esercitato da defunti e rifugiati; le procurazioni multiple; elettori, che in certi seggi hanno votato più volte; l’esclusione degli osservatori dai luoghi di spoglio dello scrutinio; intimidazioni e pressioni sugli elettori da parte di alcuni amministratori che li accompagnavano fino alla cabina elettorale; l’intrusione di persone non autorizzate nei luoghi di conteggio dei voti; il segreto dello scrutinio non assicurato ovunque; la confisca di certificazioni e cellulari ad alcuni osservatori.

Di fronte a tutte queste e altre irregolarità, i vescovi si domandano se queste ingiustizie e violenze, non vizino i risultati proclamati. Richiamano comunque alla calma, invitando chi si sentisse leso nei suoi diritti a fare ricorso alle istanze previste dalla giustizia. Il comunicato termina con la richiesta ai poteri pubblici di sanzionare tutti quelli che, dopo il voto, perseguitano i loro vicini per aver manifestato tendenze politiche diverse dalle loro.

Il comunicato contraddice dunque il discorso ufficiale del presidente della Ceni che affermava che il voto si era attuato nella trasparenza e secondo le regole. In un clima di chiusura e di ferreo controllo da parte de partito al potere, la voce dei vescovi accredita tutte le infrazioni denunciate dall’opposizione, che denuncia une vera caccia all’uomo nei confronti dei suoi militanti.

Il candidato dell’opposizione, Agathon Rwasa, a capo del partito Cnl (Conseil National pour la liberté), al quale è stato attribuito il 24,19 per cento dei voti, ha contestato lo scrutinio definendolo una “mascherata elettorale” macchiata da “massicci brogli”. Contrariamente al discorso virulento della compagna elettorale, Rwasa ha dichiarato di ricorrere alla via della legalità facendo ricorso alla Corte costituzionale. Ma visto il sistema del partito Cndd-Fdd, che tiene ferreamente in mano tutte le leve del potere, nessuno si fa illusioni sull’esito del ricorso dell’opposizione. Le elezioni si sono svolte con le frontiere chiuse a causa della pandemia coronavirus, senza liste elettorali pubblicate, senza alcuna missione di osservatori internazionali. Tutti sperano comunque che la pace sociale sia mantenuta e che queste elezioni non diventino la miccia che faccia scoppiare una nuova guerra civile.



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