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APRIRSI AGLI ALTRI E SCOPRIRE SE STESSI!

APRIRSI AGLI ALTRI E SCOPRIRE SE STESSI!

Mi chiamo Giovanni, ho 33 anni, sono di Parma e lavoro nel controllo di gestione di una bella azienda emiliana che costruisce auto da corsa, la mia passione fin da bambino, insieme alla natura, il cinema, il salame, il prosciutto, eccetera. Vi racconterò della mia prima esperienza in solitaria (come studente) all’estero, la più bella occasione che ho avuto fin’ora, per imparare tanto, in un colpo solo, e conoscere meglio me stesso, il mio tempo, i miei pensieri e le mie risorse con un gran condimento di senso di libertà. Ero uno studente, all’interno di un percorso di studi tecnici superiori, e alla mia classe fu data l’opportunità di tentare l’ammissione a un tirocinio di tre mesi all’estero. I posti erano solo 6, 3 in Irlanda e 3 in Slovenia. La maggior parte di noi voleva comunque andare! Volontà nel lavoro di squadra e curiosità erano solo due delle note che suonavano ogni giorno nella nostra aula. In molti affrontammo i test d’ammissione all’Erasmus e, pensate, risultai nono…ero fuori. Prevedibile, nei colloqui d’idoneità emanavo insicurezza e masticavo amaro l’inglese. Ad ogni modo, nulla mi avrebbe stupito di più del veder rinunciare tutti e tre i miei compagni cui era stato assegnato il viaggio in Slovenia, per il solo fatto che era sfumata la loro prospettiva di…vacanza gratis. Non solo, ammantando la Slovenia di pregiudizio, considerandola, con disprezzo, un paese ‘povero’, senza cultura, nè appeal…di cui nessuno aveva sentito parlare. “…Slovenia?! Ma dov’è?”[…]“Ma, non è mica in Europa dell’Est..?”[…]“Mah! C’è la guerra!!..in che razza di posti ci vogliono mandare?”…eccetera. Seguitarono critiche di carattere economico e sul budget ridotto che ci veniva propinato. Inutile dire che io mi ritrovai magicamente catapultato in graduatoria tra i meritevoli di un Erasmus e colsi l’attimo, facendomi avanti con un sorriso, …prima che qualcuno cambiasse idea. Anch’io non ero troppo entusiasta in realtà. Non sapevo nulla dei nostri vicini di confine, per cui sentii mediocri vocine, dentro di me, tentare di dissuadermi dall’iniziativa, dando credito alla mia insicurezza, insieme alle critiche assorbite nei corridoi. Grazie a Dio, la voglia di avventura fu tale (e tale è sempre stata!), che ci misi molto poco a zittire tali insinuazioni, andandomi subito però anche ad informare (forse con un po’ di codardia) in merito a ciò che poteva offrire un paese che, effettivamente, …non conoscevo neanche un po’. Senza mai illudermi che il luogo dove stavo per andare potesse rivelarsi anche solo vagamente all’altezza di altri come l’Irlanda, alla fine mi ritrovai con le valige fatte e un sorriso che andava da un orecchio all’altro, per puro spirito d’avventura, manco stessi prendendo parte ad un safari. Partii, insieme a due miei compagni, piuttosto entusiasti, alla volta e (è il caso di dirlo) alla scoperta di un paese eccezionalmente bello.

Grazie alla bellezza di ogni cosa che incontravo, a partire dalle persone fino allo stile culturale, alla giovinezza della società Slovena, ero carico a mille e pronto a tutto. E’ stato appassionante scontrarmi con la lingua Slovena, aiutato dal fatto che nei loro cinema, ad esempio, i film non vengono doppiati, per cui già i bambini vengono infarinati presto da un po’ di inglese.

Insomma la voglia di imparare era tutta intorno a me, che avevo base a Velenje, una piccola cittadina nata intorno ad una miniera di carbone (ormai modernizzata), e lavorai in una delle tante aziende locali lanciate all’inseguimento di noi, cittadini del primo modo industrializzato. Devo aver ripetuto un migliaio di volte a chi mi ha chiesto del viaggio, di aver pensato all’Italia del primo dopoguerra, quella che conobbero e di cui mi raccontarono i miei nonni. Una vera differenza indentitaria, lo spirito d’iniziativa era palpabile. Non è importante quante cose hai a disposizione, ma quanto possiamo costruire con l’ingegno e la determinazione che ci possono dare il desiderio di riscattare o di salvarci da un passato dolore. Riconobbi ovunque i segni evidenti della ricostruzione, che seguì al periodo buio dal quale la Slovenia uscì, non molto tempo fa. La voglia di crescere e di curare le cose intorno a loro mi ha parlato di desiderio di vivere, di voglia di onestà e lealtà, per non parlare dei bambini che in ogni dove sfrecciavano insieme ai genitori su, skateboard, rollers, bici e autobus gratuiti. Manifestazioni di slancio che parlano da sole. Grazie agli amici sloveni, con alcuni dei quali ho condiviso più di una birra (locale) io, esploratore del tutto appiedato e con risorse limitate, in tre mesi sono riuscito (sempre senza automobile) a scoprire l’intera Slovenia, incontrando ovunque persone socievoli e gioviali, disposte ad aiutarmi, a darmi un passaggio, a parlare con me e, pur non conoscendo l’inglese, a raccontarmi o spiegarmi storie. Riuscii a scambiare intese con tutti. Con loro ho giocato, lavorato, riso, condiviso storie, scoperto luoghi, organizzato giornate, escogitato soluzioni, risolto problemi. Abbiamo davvero fatto squadra, pur conoscendoci appena e, si dice, l’unione fa la forza. Soprattutto, sottolineo infine, le sentivo comunicarmi con passione la loro identità. Identità è ciò di cui sto tentando di occuparmi in queste poche righe e senza troppe pretese. Incontrare tanti volti, ponendomi con spirito libero e avventuroso di fronte al sole che sorgeva ogni mattina in quei mesi, mi riempiva di serenità, e ogni sera decisi di trascrivere il mio vissuto su un diario prima di dormire. Un modo per raccontare al Giovanni di oggi, un incontro che quel giorno lo aveva segnato e cambiato. Se parliamo di identità direi che parliamo di noi, di ciò che ci distingue, che ci rappresenta in ciò che facciamo, negli sguardi, nell’atteggiamento che usiamo nei confronti degli altri, nei gesti semplici e nelle piccole cose, che siamo così bravi a notare negli altri. Gli altri, ciascuno dei quali è una persona come noi, o meglio ancora, è perfettamente diverso da noi, poiché unico nel suo genere, ci danno modo rispecchiarci in loro e vedere i nostri difetti. L’esperienza che vi ho brevemente riassunto rimarrà impressa nel mio cuore, oltre che nella memoria, insegnandomi a non dare adito a pregiudizi verso ciò che non conosco, a ciò che non co-risponde alla richiesta di un mio desiderio preconfezionato. Odiamo i pregiudizi, quando ne siamo oggetto, ma li adoriamo quando ci illudono nel farci sentire protetti dal mondo, al sicuro dietro al solido muro di quella che, in fin dei conti, è sempre la travestita ed insidiosa indifferenza.

Non lasciamo che inquini la nostra capacità di amare, di vedere l’altro. Io ho avuto un’occasione regalata di aprirmi di più, di vivere un’esperienza di totale apertura, evidenza non colta dalla superficiale sensibilità di altri. Imparai meglio e vincere molte timidezze e paranoie mentali. A volte assediano le nostre routine quotidiane e devo ammettere che, talvolta, pur convinto di ciò che vi ho espresso, rischio di cadere negli stessi errori di cui ho raccontato.

Perciò mi chiedo: “E se vedessimo ogni tentazione vinta come il materializzarsi di un’opportunità positiva e unica nella nostra vita, quanto di più potremmo appassionarci a vivere e agire in modo giusto?”


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Pubblicato
02 Settembre 2021
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