Se mi chiedessero di fare delle considerazioni sulla giornata del 25 febbraio a Casal di principe, onestamente, non saprei da dove iniziare;
mentre ascoltavo le storie delle vittime innocenti della camorra ero sconvolta, sconvolta dall’atrocità di questi individui che, sentendosi superiori a chiunque altro, credono di avere il pieno diritto di fare stragi e di togliere la vita a persone innocenti, che con quell’ambiente non c’entravano un bel niente e che non mi si venga detto “erano nel momento sbagliato nel posto sbagliato”, perché non è così, ognuno ha il diritto di stare dove e quando vuole, sono loro che fanno una cosa fuori dal normale.
Successivamente, quando abbiamo ascoltato la storia di Don Diana e del testimone oculare Augusto di Meo, in particolare quella, dentro di me si formava come un nodo in gola, che rendeva impossibile far salire le parole e farle uscire, in quel momento si capiva tutto, si percepiva che ero visibilmente scombussolata, perché cose del genere, le cose che stavo ascoltando, fino a quel momento le avevo viste solo nei film.
Ricordo che Augusto Di Meo, il testimone oculare che ci ha raccontato com’erano andate le cose quel giorno, dopo aver notato il mio essere stravolta per le cose ascoltate, mi ha rassicurarta dicendomi che era tutto apposto.
Ogni tanto penso a come sarebbe stato incontrare Don Diana, una persona così sicura di sè e piena di energia, che per il suo popolo
avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino morire, cosa che, detto sinceramente, non è da tutti; non so se dentro di lui sapeva che prima o poi qualcosa sarebbe successo, il suo essere così tanto sicuro che non gli avrebbero fatto mai nulla perché indossava quel colletto bianco mi soprende ed io lo ammiro, perché non aveva timore di dire ciò che pensava riguardo quelle persone che stavano distruggendo il suo popolo.
“Per amore del mio popolo non tacerò”.
