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Un infermiere tra i mattoni, Intervista a Fr. Menici

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Fratel Bruno Menici, saveriano di Castegnato (BS), ha trascorso gli ultimi tre anni come infermiere nella casa madredei saveriani a Parma. A metà marzo è partito per la Sierra Leone. Ci parla della missione che lo aspetta.

Sierra Leone... atto terzo!

Sì, torno come missionario dove sono già stato due volte dal 1995 al 2003, con un anno di interruzione, per lo scoppio della guerra civile che mi ha costretto a rientrare in Italia.

Cosa hai fatto a Parma?

2006 4 MeniciEssendo infermiere, ho seguito i missionari malati in casa madre . L'esperienza è stata molto diversa da quella che mi aspettavo. Prima avevo lavorato in ambiente africano, a contatto con i bambini, in un ospedale molto semplice. Trovarmi in una città come Parma, con i nostri malati che avevano problemi diversi e che dovevano essere seguiti in modo appropriato, è stato un lavoro bello ma duro.

Quali malati hai seguito?

Potrei dividere i nostri malati in tre gruppi. Alcuni hanno subito operazioni e hanno bisogno di riabilitazione oppure di cure a causa dell'usura procurata dalla missione. Altri hanno difficoltà ad essere autosufficienti e hanno bisogno di controlli regolari. Infine, alcuni missionari soffrono di patologie abbastanza gravi come l'Alzheimer o simili. Sinceramente, sono rimasto sorpreso, perché in Africa non avevo mai affrontato situazioni di questo genere.

Da poco hai perso il papà...

La mia famiglia sapeva che sarei ripartito. Mamma sa di avere un figlio missionario e lei stessa ritiene giusto che io riparta per la missione.

Cosa farai in missione?

Lavorerò in ambito sanitario e in ambito pastorale. In particolare, visiterò quei villaggi che hanno subito distruzioni notevoli durante la guerra. Oltre al lavoro nelle cliniche, mi dedicherò allo sviluppo sociale della gente. Vorrei insegnare alla popolazione a costruire le case con un sistema più stabile. Normalmente le abitazioni sono in mattoni di fango. Se i mattoni fossero pressati e fatti cuocere al fuoco o al sole, le case sarebbero molto più durature e più fresche. Anche avere una clinica costruita in mattoni potrebbe migliorare la situazione sanitaria.

Che novità ti aspetti?

Credo che la popolazione sia rimasta come era prima. L'unica “rivoluzione” è che ora si riesce a comunicare con il cellulare. Ho saputo che ci sono ancora le truppe dell'Onu e le forze inglesi che presidiano la capitale e altri centri importanti. Dal punto di vista politico, la situazione sembra essere sotto controllo, ma il pericolo di instabilità è ancora grande.

Cosa provi a ripartire?

Adesso provo meno curiosità; ho meno dubbi, se posso farcela o no. Sono consapevole di tornare in un Paese che è agli ultimi posti di tutte le statistiche e che da noi missionari s'aspetta un aiuto: professionale, sociale e sul fronte del dialogo interreligioso. Cercherò di raggiungere qualche obiettivo preciso.

Per esempio, quale?

Uno l'ho chiamato “Obiettivo poco poco”.

Cosa significa?

È semplice. Un proverbio krio della Sierra Leone dice: “cinque centesimi sono meglio di niente”. È poca cosa, ma anche questa viene accettata con un sorriso di gratitudine. Anche con poco, noi possiamo rendere le persone meno fortunate di noi, più partecipi e responsabili. Vorrei realizzare un centro nutrizionale in un villaggio della Sierra Leone, per dare un po' di speranza a tanti bambini e alle loro mamme.

Come possiamo contribuire?

Chi è interessato a partecipare a questa piccola esperienza, può collaborare attraverso il conto corrente postale 204438, Procura delle missioni saveriane, Viale S. Martino, 8 - 43100 Parma. Causale: “Obiettivo poco poco - Sierra Leone”. Grazie e accompagnatemi con la vostra preghiera.



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