Sierra Leone, La gioia del cardinale
La speranza è il sorriso della vita
La guerra non ha solo ucciso, mutilato, distrutto. Ha anche fermato un popolo. A Makeni, una cittadina di sessantamila persone, non sono riuscito a trovare un “giratubi” – volgarmente chiamata “cagna” - per riparare una condotta d’acqua. I meccanici non trovano chiavi per il loro lavoro né i contadini attrezzi agricoli.
Il pentolone dei fagioli
Prima di donare una ciotola di riso, dona un segno di speranza. Papa Luciani diceva: “La speranza è il sorriso della vita cristiana. Speranza vuol dire aspettare. Noi cristiani siamo gente che aspettiamo qualcosa di bello, qualcosa di straordinario”.
Viaggiando dalla capitale Freetown verso Makeni, si possono vedere tanti mini villaggi coperti con fogli di zinco. Più che insediamenti umani sembrano alveari, sistemati con una certa razionalità. Grazie all’opera della Caritas in quei villaggi la vita è già ripresa. Gli edifici scolastici sono ancora fatiscenti, ma le scuole cattoliche sono state le prime a riaprire, magari sotto le piante e all’aperto. La Provvidenza, come una buona mamma, ogni giorno sfama gli alunni con pentoloni di fagioli.
Di nuovo, in marcia
Soprattutto, è bello vedere che le comunità di base e le parrocchie hanno ripreso il loro ritmo settimanale. E questo è importante!
L’unione fa la forza: è proprio vero! Da duemila anni, l’unità della fede e dell’amore cristiano fanno miracoli. Il cardinale Tomko, invitato in Sierra Leone per ordinare quattro nuovi sacerdoti, davanti a migliaia di persone festanti, ha avuto parole di ammirazione e di lode per la vivacità e la voglia di vivere di questa giovane chiesa.
Egli osservava tutto e si meravigliava di tante cose. Ha manifestato grande gioia nel vedere una chiesa desiderosa di dimenticare il passato disastroso e drammatico della guerra e di ricostruirsi presto un futuro dignitoso. La comunità unita sotto quei grandi alberi e i nuovi presbiteri erano la prova che una parte considerevole della nazione si era rimessa in marcia.
Missionario cercasi
In quei giorni di permanenza in Sierra Leone, mi era stato chiesto di accompagnare una spedizione verso l’interno, verso una vasta area fin’ora sconosciuta all’influenza missionaria. Durante la guerra, molte famiglie erano state costrette a trovare scampo altrove. Sfollate in altre terre, avevano avuto modo di conoscere i cristiani ed ora chiedevano con insistenza di avere un missionario in mezzo a loro.
La spedizione purtroppo fallì, perché dopo quattro ore di jeep, i ponti di pali e le fangaie sempre più profonde ci convinsero che proseguire sarebbe stato un rischio e un’incognita pericolosa. Ma qualcun altro ci riproverà, perché è giusto andare quando il Signore chiama.