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Un sacerdote “di frontiera”, Virgil Elizondo, un autorevole studioso di scienza politica, Paolo Naso, uno specialista di lingua araba e islam, Francesco Zannini: sono questi tre dei relatori che - tra gli altri - hanno animato il convegno annuale promosso da “Missione Oggi”, la rivista dei missionari saveriani, tenuto a Brescia nella chiesa di San Cristo il 9 maggio scorso.

Il tema del convegno, promosso dal direttore della rivista p. Mario Menin, era ambizioso e impegnativo, ma anche attuale: Siamo tutti meticci? Le religioni nella diaspora post-moderna. Le risposte non si sono fatte attendere.

Le religioni flessibili

Padre Elizondo è un prete “di frontiera” nel vero senso della parola: statunitense di origine messicana, nato a San Antonio, nel Texas, ha speso la sua vita a costruire una pastorale dedicata agli immigrati di origine latino-americana negli Stati Uniti, sforzandosi di delineare un’innovativa “teologia del meticciato”. Parola, questa, che suscita ancora qualche apprensione qui in Italia, dove spesso assume una sfumatura negativa.

Ma se quella della frontiera tra Messico e Stati Uniti è una realtà non molto nota in Italia (anche se qualche film non ha mancato di sottolineare la tragica condizione di chi aspira a entrare “illegalmente” negli Usa), Paolo Naso ha ricostruito con rigore e maestria i mutamenti della società italiana, che hanno attraversato anche le comunità di fede, in cui le religioni, definite “aggregazioni spirituali con una rilevanza sociale”, si mostrano sempre meno dogmatiche.

E, contrariamente all’opinione dominante secondo cui la secolarizzazione caratterizza la nostra epoca, le religioni non sono affatto in declino, ma subiscono drastici mutamenti. In particolare, se da un lato si è perso completamente l’aspetto dogmatico, dall’altro si prendono “pezzi”, “tasselli” dal patrimonio delle tradizioni religiose per costruirsi un’identità.

Perciò, anche in questo caso, la risposta è “”, siamo meticci, perché le religioni sono sempre più flessibili, mobili, fluide.

L’islam non è un monolite

L’aspetto del “meticciato” è stato sottolineato anche con riferimento all’islam. Può suscitare qualche sorpresa, ha sottolineato Francesco Zannini, professore nel Pontificio istituto di studi arabi di Roma, che anche la storia dell’islam sia caratterizzata da pluralità e complessità che spesso trascuriamo.

Ciò contribuisce a spiegare la nostra scarsa comprensione dell’islam contemporaneo, che non è - ha ribadito Zannini - un monolite unitario, ma al contrario, è il risultato della sua diffusione tra popoli non arabi (che oggi costituiscono la grande maggioranza dei musulmani). Pur recependo gli elementi basilari dell’islam, essi hanno modificato, adattato e sviluppato molti suoi aspetti, mescolandoli a culture e tradizioni locali. Un altro aspetto del “meticciato” che caratterizza il mondo di oggi.

Un cambiamento improrogabile

Nel pomeriggio, i richiami della mattina sono stati sviluppati su piani diversi: Giuseppe Morotti, già piccolo fratello del vangelo in Iran, ha fatto riferimento alla sua lunga esperienza tra i cristiani del Medio Oriente; il saveriano Alessandro Dell’Orto, direttore del Centro studi cinesi dell’università Urbaniana a Roma, ha affrontato la ricca tradizione spirituale della Cina e la sua interazione con il cristianesimo.

Infine, ha fatto sintesi dell’incontro Antonella Fucecchi, docente di lettere classiche, che ha messo in risalto il valore del “meticciato” da un punto di vista educativo, auspicando una ridefinizione delle nostre certezze e la necessità di governare i processi di cambiamento.

La risposta alla domanda iniziale è dunque di tutta evidenza: “meticci lo siamo già…”.

L’importante è sforzarsi di capire come questo meticciato possa contribuire all’inevitabile cambiamento della società attuale.



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