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Sempre più in là... I fioretti di p. Giovanni/1

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Ordinato prete il 9 novembre 1958, p. Giovanni scriveva alla sorella Tecla, religiosa: “Non ho parole per dirti quello che sento al mattino quando salgo gli scalini dell’altare. Prega perché non mi abitui mai a celebrare la Messa, non mi abitui mai ad essere prete”.

P. Giovanni parte per il Congo il 3 dicembre 1959. Lavora in tre posti: Kiliba, Baraka e Fizi. Si dice di lui che si spostava da un luogo all’altro, sulla montagna, nella pianura e sul lago, con la destrezza di un atleta, con l’energia di uno scalatore sull’altopiano dei Banyamulenge, con la competenza di un pilota fuoriclasse sulle strade impossibili del Congo, con l’esperienza di un marinaio navigato sul Lago Tanganica.
Nella prima missione di Kiliba, estendeva il suo sguardo su nuovi orizzonti e sognava: “Il mio posto è nella missione più lontana ed estesa. Obbedendo alla volontà dei superiori, amerei andare dove si deve iniziare il bel tutto” (23 novembre 1960). Così nell’agosto 1961 è inviato a Fizi, nell’estremo sud della diocesi di Uvira, per fondare una nuova missione. Il suo motto era: Sempre più in là.

Il 5 giugno 1960, giorno di Pentecoste, dopo 80 battesimi, p. Giovanni scriveva: “Ho percorso mille chilometri, ho visitato sette succursali, mi sento un campione. I viaggi sono lunghi e le strade sono orribili. Ma negli ultimi quindici giorni ho gustato la vita missionaria, provando una grande gioia di una vita veramente bella!”.
Dopo un incontro con catechisti e insegnanti, esclamava: “Costruire una chiesa in materiale durevole è facile ... Ma costruire una comunità spirituale è difficile. È possibile solo con l’aiuto di Dio. Quanto è arduo uscire dal paganesimo! Quanto è faticoso alzare gli occhi al cielo!” (2 novembre 1962). A volte riconosceva il suo difetto: “Con i miei fedeli grido troppo” (3 aprile 1964).

Giovanni era innamorato di Celestina, il suo furgoncino, che gli rendeva innumerevoli servizi. Ma un giorno dovette fare l’elogio funebre: “L’eroica Celestina, la mia Celestina, da tre settimane sconfitta sulle montagne di Fizi, ha concluso la sua carriera. Ha fatto una fine eroica. Dopo aver trasportato tavole, lastre, travi, cemento, sabbia, mattoni, benzina e olio combustibile, sacchi di farina e patate, piante di banane... Ha fatto il suo ultimo viaggio con una pesante lastra di pietra e con tutto il necessario per un forno. Ora è appiattita su quattro pneumatici quasi nuovi, ma con due ulcere perforanti nella pancia. È finita. È stata coraggiosa” (13 marzo 1961).



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