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P. Simone Vavassori, 20 anni dopo

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Dagli archivi di “Missionari Saveriani”, ho trovato un articolo di p. Rino Benzoni, allora Superiore Generale dei Saveriani, che annunciava la morte di p. Simone Vavassori. Sono passati vent’anni (10 febbraio 2004) e ho pensato che la scoperta non fosse per niente una casualità. Sono contento di essere arrivato in tempo a ricordare quest’uomo di Dio.

Ricordo anche la tristezza provata alla notizia e soprattutto il dispiacere di aver perso una persona come lui. Un amico certamente, ma anche un grande maestro. Fu lui che mi accompagnò a Kitutu al mio arrivo ufficiale in Congo nel 1986. Era superiore Regionale. Un bel viaggio, un poco saltellante per via della “strada” terribile, ma che mi ha dato subito l’opportunità, in due giorni di viaggio, di accostarmi ad una persona speciale. È sempre stato per me un punto cordiale e amichevole di riferimento anche per decisioni non semplici. Mi sembra bello riproporre le belle e importanti parole che scrisse allora p. Rino.

“Oggi 10 febbraio, è morto p. Simone Vavassori, superiore dei missionari Saveriani del Congo RD. Aveva 67 anni ed era nato a Trescore Balneario (BG) il 9 ottobre 1936. Per espresso suo desiderio, accolto dalla famiglia, il suo corpo resterà in Congo. Dal 1972, p. Simone è stato missionario in Congo, formatore di Saveriani congolesi, maestro dei novizi e superiore dei Saveriani per quindici anni, fino alla morte.
Padre Vavassori era una figura di primo piano nella chiesa di Bukavu, soprattutto in questi anni di guerra e di sofferenza. È stato un protagonista - umile e discreto ma fondamentale - delle vicende ecclesiali di questi ultimi anni. Con grande coraggio, unito ad altrettanto grande umiltà, semplicità, equilibrio e saggezza ha saputo tenere unite le comunità saveriane, aiutare le comunità religiose maschili e femminili, consigliare i sacerdoti che si rivolgevano a lui. Sensibile ai bisogni della gente, moltissimi sono stati aiutati da lui. Mentre era maestro dei novizi, aveva accolto e assistito migliaia di rifugiati ruandesi.
Da tutti era considerato "l’uomo che ci voleva" in un periodo così turbolento. La sua affabilità e pazienza gli permettevano di correre ovunque ce ne fosse bisogno per sostenere i missionari e le missionarie, nonostante le fatiche dei viaggi, i pericoli, i piccoli aiuti necessari per passare i posti di blocco e le barriere. Visitava anche la missione di Bunyakiri, a 60 chilometri da Bukavu, zona controllata dai miliziani mai- mai, dove nessun altro si arrischiava ad andare.
Sapeva vedere le cose anche con una vena di umorismo, coprendo con esso il magone per l’impotenza di fronte a quello che stanno vivendo queste popolazioni. Spesso, tornando dai suoi viaggi rischiosi, scriveva al Superiore Generale raccontando le sofferenze viste e aggiungeva: “Anche questa volta l’angelo custode ci ha protetto!” (p. Rino Benzoni).



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