Omaggio all'Apostolo Don Oreste, missionario della carità
Don Oreste Benzi, due mesi prima di morire, aveva scritto un commento al brano biblico di Giobbe (19, 1.23-27), per essere pubblicato il 2 novembre, in occasione della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, il giorno del suo passaggio alla vita eterna, nell'abbraccio del Padre misericordioso.
È l'estrema meditazione sulla morte e sulla vita di questo umile e grande sacerdote, missionario della carità universale. Le sue case-famiglia, le sue case di preghiera e di fraternità, le sue cooperative sociali e comunità terapeutiche, oltre che in Europa, sono disseminate in Africa, Asia e America latina. Ora don Oreste dimora nell'infinito di Dio.
"Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia.
Sono morto per chi non vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio.
Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1 Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato.
Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio con il Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura".