Nella terra di p. Teodori…
Dopo una breve esperienza vissuta nella comunità saveriana di Udine, il superiore regionale mi ha concesso la possibilità di offrire il mio fraterno e umile contributo per la prima volta, nella casa di Salerno. Desidero, infatti, che continui a essere la casa che incontra, accoglie, per dare a tutti la gioia di essere annunciatori della bella notizia del vangelo.
La mia vita avventurosa
Ho ottantun’anni suonati e per quaranta ho lavorato nella missione del Bangladesh, diocesi di Khulna.
La mia vita è stata davvero un’avventura. Il 22 agosto 1947 è stato un giorno indimenticabile, perché entravo a Bergamo insieme ad altri settanta apostolini nella casa dei saveriani di Bergamo.
Dopo aver frequentato le medie presso i missionari, sono stato mandato a casa con altri quindici apostolini perché bocciato. Qualche giorno dopo, p. Igino Figini mi consigliò di andare a Parma per essere fratello coadiutore. Vi sono rimasto dieci anni.
A ventitré anni ho avuto la grazia di raggiungere, come fratello coadiutore, la missione del Pakistan, oggi Bangladesh. Da fratello religioso (come erano chiamati i fratelli coadiutori), nel 1956 a Parma ho frequentato corsi speciali di tipografia acquistando così il titolo di Direttore di scuola.
Gli anni migliori della mia vita
Nel 1958, la tipografia di proprietà dei saveriani è stata fatta dono al nuovo vescovo mons. Dante Battagliarin partente per Khulna. Ho diretto per quindici anni la scuola di tipografia, accogliendo ragazzi orfani e con problemi fisici e mentali, rispettando così gli obiettivi della Direzione Generale.
Ho partecipato al Capitolo generale nel 1975 durante il quale era stata accolta la proposta dei fratelli di accedere al sacerdozio dopo aver frequentato i corsi di teologia. Così ho fatto e sono rientrato nella mia missione in Bangladesh come parroco della parrocchia di Shimulia e responsabile di 18 villaggi.
Ricordando ancora la lingua, ho potuto vivere per quattro anni come parroco. Sono stati gli anni migliori della mia vita!
Riparto con gioia e speranza
Ora mi trovo qui insieme ad altri sei confratelli. Siamo comunità missionaria e dunque attenta ad alcune realtà delle quali ci sentiamo responsabili come incontrare giovani per un cammino vocazionale, stare accanto ai saveriani laici, accogliere e seguire gli immigrati.
Infine, mi piace condividere ricordando i verbi tradizionali che mi danno coraggio e speranza. Anche alla mia non più “giovane” età riparto con gioia e speranza, fiducioso di continuare a lavorare per quel Dio che ha promesso di ricambiare con il centuplo chi avrà saputo dare con allegria.