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Missione Famiglia: C’è qualcosa che non torna…

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Le pagine dei giornali delle ultime settimane fanno spavento. Non c'è una buona notizia, nemmeno a cercarla con la lente d'ingrandimento. La cronaca nera fa da padrone e i telegiornali ci "sguazzano" per giorni e giorni, magari alla ricerca di scoop e gossip, e meno per riflettere su ciò che davvero sta accadendo in mezzo e intorno a noi.

Si muore di lavoro, come a Genova e in Bangladesh, dove una torretta e una fabbrica sono venute giù come fossero costruzioni di carta, e si muore per disperazione per aver perso il lavoro. È incredibile che nel 2013 l'uomo sia in grado di conquistare l'universo, possa comunicare in ogni parte del globo con un semplice tocco, ma non riesca a evitare tragedie per non-curanza, guasti o calcoli sbagliati. C'è qualcosa che non torna.

Che possiamo raccontare ai figli e alle famiglie di chi deve sopravvivere a questi eventi sciagurati?

Come si fa a infondere fiducia nelle nuove generazioni che già hanno la difficile missione di trovarlo un lavoro? Non c'è il rischio di accontentarsi, di accettare ciò che arriva per necessità, senza calcolare rischi e pericoli? Va bene la sobrietà, ma non la si confonda con il basso profilo, il piattume, il compromesso! C'è qualcosa che non torna...

Nel frattempo, ci risiamo. Gli Stati Uniti, da molti guardati con rispetto e ammirazione, hanno confermato un presidente nero. A noi è bastato un ministro italo-congolese per farci venire la febbre. Non mi interessa sapere se sia meglio lo ius soli o lo ius sanguinis; non mi interessa se i "buu" a Balotelli (e ad altri come lui) siano dovuti all'atteggiamento del personaggio o al colore della sua pelle. Mi interessa che le partite non siano interrotte per razzismo; mi interessa che chi nasce in Italia e vive e respira come un italiano, sia rispettato come un italiano, al di là della presenza di una legge; mi interessa che un ministro possa esprimere idee e progetti senza essere costretti a rafforzarne la scorta.

Possiamo aprire un dibattito, possiamo non essere d'accordo, ma giudizi "a pelle" in nome di una difesa dall'assedio dei nuovi barbari sono antistorici e non contribuiscono a creare un futuro di rispetto e di accoglienza reciproci.

Non è un percorso facile. Anzi, costa fatica, anche per l'atteggiamento di chi arriva. Ma la guerra totale o l'arroccamento sono un'alternativa? Come posso avere un compagno di squadra o di scuola figlio di immigrati, con cui condivido tempo ed esperienze di vita, e poi insultarlo allo stadio o inveire se un suo parente diventa assessore o ministro? Posso io essere accogliente solo se mi interessa, a fasi alterne? C'è qualcosa che non torna...

Spesso, anche per tirarci su il morale, ci diciamo che siamo un grande Paese, che abbiamo prodotto il meglio nel lavoro, nell'arte, nella cultura... Ma è ancora così? Un folle ghanese fa una strage con un piccone, e scatta la caccia e la raccolta di firme... Fidanzati italiani respinti usano l'acido per colpire le loro "ex"; uomini sparano per colpire istituzioni e imprenditori, e subito andiamo alla ricerca di spiegazioni parzialmente assolutorie, come se ci fosse sempre un "perché" per tutto. C'è qualcosa che non torna...

Eppure, noi non smetteremo di sostenere e credere in famiglie e comunità, in educatori e sacerdoti e in tante persone che ogni giorno vivono e lavorano per avere case e scuole, quartieri e città in cui qualcosa, finalmente, torni.



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