Mi metto a disposizione, Dal Bangladesh a...
Domenica 20 dicembre è arrivato a Macomer p. Daniele Targa, saveriano friulano. Sarà impegnato nell'animazione giovanile dopo l'esperienza in Bangladesh. La Sardegna per lui non è una novità perché sua madre è originaria di Sant'Antioco.
Sono partito per il Bangladesh a febbraio del 2001. Dopo aver studiato la lingua bengalese, ho trascorso quattro anni missioni al confine occidentale con l'India, a Bhabarpara e a Karpasdanga, cercando di conoscere l'ambiente, la cultura e il modo di lavorare tra i cristiani. Dopo 5 anni sono tornato in Italia per un po' di riposo e soprattutto per sensibilizzare sulle problematiche del Bangladesh amici, parenti e gruppi missionari.
A tu per tu con i "fuoricasta"
A gennaio del 2007 sono tornato in Bangladesh. Per alcuni mesi ho lavorato con p. Antonio Germano a Chuknogor, una missione con i fuoricasta. Ho potuto conoscere le famiglie dei "rishi" e soprattutto venire a contatto con un tipo di lavoro missionario tra i non-cristiani che prima non conoscevo.
A Pasqua del 2007, il superiore p. Enzo Valoti mi ha chiesto di andare nella missione di Borodol per sostituire il confratello messicano p. Margaritto, in partenza per le sue vacanze. In un primo momento rifiutai, ma poi accettai, visto che si trattava "solo per un periodo breve". Borodol, infatti, era ed è la missione più difficile che noi abbiamo nella diocesi di Khulna. Una missione non facile da gestire, tanto che vari confratelli si erano scoraggiati.
Abbiamo ereditato questa missione dai gesuiti nel 1953. È costituita da persone che fanno parte della famiglia dei "muchi", una parola che ha il sapore del disprezzo assoluto e invita a sputare, quasi a pulirsi la bocca da qualche elemento non gradito. Non possedendo un proprio pezzo di terra su cui vivere, i saveriani hanno provveduto sin dagli inizi a sistemarli sul terreno della missione.
Un impegno gravoso
La gente vive alla giornata. Qualcuno si arrangia come calzolaio o barbiere, o lavorando il bambù. Le donne cercano di essere coinvolte nella produzione delle stuoie e con il cucito nel produrre tovaglie da tavolo ricamate. Le cose stanno migliorando lentamente, tenendo conto che per decenni queste persone sono state ritenute inaffidabili.
Sono rimasto tra loro tre anni. Grazie alla collaborazione di un sacerdote locale, siamo riusciti a far fronte a molti problemi con serenità. La provvidenza di Dio ci ha permesso di far fronte a problemi immediati: ai malati gravi, alle conseguenze devastanti di due cicloni nel giro di un anno, al problema del lavoro per la gente.
Ho dato tempo ed energie soprattutto nel campo dell'educazione, per far sì che i ragazzi e i giovani frequentassero gli studi con successo, promuovendo il dopo-scuola. Mi sono dedicato anche alla cura pastorale delle nostre comunità cristiane in modo più organico e sistematico, con la collaborazione dei catechisti più impegnati e responsabilizzati.
La vera forza della missione
Posso dire che lo spavento iniziale mi è stato di aiuto nell'affrontare le cose e i problemi con più fede e soprattutto in un clima sereno. Questo mi ha permesso - grazie anche al lavoro straordinario delle suore di Madre Teresa - di sperare, con il tempo e la pazienza, di avere in futuro una bella comunità cristiana.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni, soprattutto con la preghiera, vera forza della missione. Ora per qualche anno mi fermerò in Italia, nella comunità saveriana di Macomer in Sardegna, per aiutare nell'animazione missionaria e giovanile nell'isola. Naturalmente con il Bangladesh è soltanto un arrivederci: il cuore è là e spero di tornarvi presto.
Nel frattempo, sono contento di mettermi a disposizione, per condividere le mie esperienze di missione anche in Italia.