Lo Spirito Santo il grande sconosciuto?
I Vangeli ci raccontano la missione di Gesù, gli Atti degli Apostoli ci mostrano la missione degli inviati di Gesù e delle prime comunità cristiane. Queste esperienze sono “normative”, cioè devono ispirare ed essere un punto di riferimento per la missione di tutti i tempi. Ad esempio, noi oggi potremmo anche non fare riferimento alla missione di San Francesco Saverio, ma non possiamo non confrontarci ed ispirarci all’esperienza che Luca ci presenta negli Atti degli Apostoli.
Guardando allora al racconto degli Atti, la prima cosa che risalta, perché Luca insiste nel presentarcela in tutti i modi, è che il protagonista della missione non sono gli Apostoli, non è la Chiesa, ma è lo Spirito Santo, cioè lo Spirito del Signore Gesù Risorto che li precede e li guida, assicurando anche la sua forza. L’abbiamo già richiamato, ma è necessario insistere.
Esemplare è l’esperienza narrata nei capitoli 10 e 11 degli Atti, che mostra l’insistenza con cui lo Spirito ha agito nella Chiesa nascente, costituita di giudei convertiti al cristianesimo, per spingerla ad aprirsi, senza paure e senza pregiudizi, ai popoli “pagani”.
Prima c’è il suggerimento al pagano Cornelio di mandare a chiamare Pietro e invitarlo nella sua casa, poi c’è la visione che lo Spirito manda a Pietro, una tovaglia con dentro ogni tipo di animale e l’invito a mangiarli: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano”. Lo Spirito, addirittura, “comanda” poi a Pietro di non rifiutare l’invito dei messaggeri di Cornelio “perché sono io che li ho mandati”. Pietro va in casa del pagano Cornelio e mentre ancora stava parlando di Gesù, lo Spirito scende su tutti i presenti. Alla Chiesa di Gerusalemme, scandalizzata per il comportamento che era andato oltre tutte le loro norme, Pietro risponde: “Chi ero io per porre impedimento a Dio?”. La conclusione della Chiesa di Gerusalemme è eloquente: “Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano ed abbiano la vita”.
Davvero, dopo che Gesù è salito al cielo, il protagonista della missione è lo Spirito Santo. E la Chiesa, tutti noi cristiani, siamo chiamati a collaborare a questa sua missione. Non per niente Luca, all’inizio del 13° capitolo degli Atti, parlando della Comunità di Antiòchia, racconta: “Mentre stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Barnaba e Saulo, per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Seleucia e di lì salparono verso Cipro…”.
Da notare, è la seconda volta che troviamo la parola dunque. Le scelte missionarie della Chiesa sono dedotte dalle decisioni dello Spirito.
Il grande problema, allora, è chiederci: come possiamo partecipare, collaborare a questa missione dello Spirito Santo? La prima cosa da fare è prenderne coscienza e crearla profondamente attorno a noi. Oggi, lo Spirito Santo sembra essere il grande sconosciuto, dimenticando che la Parola di Dio lo chiama “creatore, forza, potenza di Dio, fuoco, vento gagliardo, luce, datore di audacia…”. Siamo terribilmente convinti di essere noi i protagonisti della missione e quando vengono meno certi nostri modi di fare e non scorgiamo i cammini per affrontare le nuove situazioni parliamo di “crisi della missione”. Invece di aprire gli occhi e vedere l’opera dello Spirito, che è in azione in tutto il mondo, in tutti i popoli, in ogni gruppo umano, in ogni famiglia, in ogni persona. Il superamento di questa miopia non è facile, ma è indispensabile. È il primo compito da affrontare (continua).