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Perdonare le offese è molto problematico. Spesso i buoni cattolici vorrebbero addirittura ripristinare la pena di morte! Il tema del perdono e della riconciliazione ha una dimensione non solo individuale. Giovanni Paolo II parlava addirittura di “politica del perdono”. Anche nelle nostre comunità resta la convinzione che se perdoni sei un vigliacco, non sei un uomo.

Mons. Samuel Ruiz nel Chapas

Sono stato nel Chiapas, Messico. Lì Samuel Ruiz, di San Cristobal de las Casas, morto nel 2011, è stato un’eccezionale figura di vescovo vicino alla sua gente. Il suo cammino s’intrecciò dal 1994 con quello del nonviolento esercito zapatista del subcomandante Marcos.

Ho riscontrato come in tutte le parrocchie c’era una stanza nella quale c’era scritto “Gruppo di riconciliazione”. La chiesa aveva preparato dei laici per aiutare a riconciliare qualora fossero sorti problemi nelle famiglie. Questo modo di fare sarebbe interessante anche per noi.

Agenti di riconciliazione in Kosovo

Un altro esempio l’ho incontrato in Kosovo. Mentre una valle veniva liberata dai serbi (e chi non se ne andava veniva ammazzato), le chiese cattoliche facevano suonare a festa le campane. Nello stesso tempo, all’interno del Paese c’erano tre persone che si muovevano insieme. Il sociologo Anton Cetta, docente universitario musulmano, e Ibrahim Rugova (diventato poi presidente della repubblica del Kosovo) dal 1989 al 1991 hanno guidato i “consigli della riconciliazione”. Grazie a loro centinaia di famiglie albanesi, divise dalla vendetta del sangue, praticata secondo l’arcaico codice consuetudinario, si rappacificarono.

Oltre a Cetta e Rugova c’era anche un parroco (che parlava ben 13 lingue e scriveva in 8) cattolico, don Lush Gjergji.

Uno strano codice d’onore

In Kosovo esisteva un codice d’onore, il Kanun o Codice di Lek Dukagjini, del 1600, il più importante codice consuetudinario albanese, tramandato di generazione in generazione. Regolava minuziosamente tutta la vita della comunità e della famiglia, dalla nascita alla morte. Uno dei suoi aspetti più discussi, assurdo e disumano, ma allo stesso tempo sentito dalla gente come preciso dovere del valoroso, è la “vendetta del sangue”. Si tratta di un meccanismo di difesa della vita e di giustizia collettiva in una determinata fase dello sviluppo della società.

Secondo tale codice, per essere uomini ci si doveva vendicare. Viene regolato dal Kanun anche il sistema delle vendette di sangue, consuetudine antichissima di origine illirica. È fissato in maniera rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione del proprio familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell'assassino.

Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il disprezzo da parte della collettività. Il perdono da parte dei parenti offesi è previsto e regolato da uno specifico rituale. Secondo il codice d’onore, per essere uomini ci si doveva vendicare, al fine di recuperare il male ricevuto.

Camminare insieme

Contro questa legge, il musulmano Anton Cetta, il non credente Ibrahim Rugova e un prete cattolico, don Lush Gjergji, protagonista del movimento nonviolento, camminavano insieme. I loro gesti diventavano una liturgia pubblica, una riconciliazione alla quale partecipavano migliaia di persone.

Rugova venne spodestato molto rapidamente, perché l’Unione Europea scelse di appoggiare il movimento armato UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo.



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