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Le culture ai musei Vaticani

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Il superiore generale p. Luigi Menegazzo era impegnato al capitolo dei saveriani in Italia; il suo vice era dalle saveriane in Via Trionfale. Così mi è capitata l’occasione di tappare il buco e presentarmi, martedì 24 maggio alle ore 17, all’ingresso dei musei Vaticani per la presentazione della “collezione” di arte etnologica dedicata a “Le Americhe”.

Davvero impressionante!

Il salone “Raffaello” era stracolmo, per sentire il saluto del prof. Paolucci e del card. Bertello.

Abbiamo gustato la bella relazione del vescovo venezuelano mons. Cardozo e abbiamo goduto l’eccellente presentazione del missionario p. Mapelli, direttore del museo etnologico.

A partire dall’Alaska e giungendo fino alla Terra del Fuoco, con foto di oggetti e di volti, ci ha fatto incontrare culture e storie di tanti popoli delle Americhe.

Egli stesso li ha visitati di persona, in questi ultimi quattro anni, insieme alla prof.ssa australiana Katherine Aigner.​

Siamo poi scesi per visitare il museo etnologico nel suo nuovo allestimento:

un ampio spazio, proprio all’ingresso dei musei Vaticani, con “pezzi” costruiti con materiali comuni e pregiati, e di diverse dimensioni: dal copricapo in piume alto tre metri al Crocifisso in corallo di 32 cm.

Tutti ben collocati e illuminati, facendone risaltare le forme e i colori.

Davvero impressionante!


Da ogni parte del mondo…

Solo alcuni esempi.

Dall’Artico, l’orso scolpito sulla croce di avorio, segno dell’Onnipotenza crocifissa.

Dal Canada, la cintura della pace con la scure verso il basso, donata a papa Gregorio XVI nel 1830.

Da Cuba, il fantastico porta-messale di Colombo, a forma di ventaglio, esposto per un anno intero nell’isola, in preparazione alla recente visita di papa Francesco.

Dal Brasile, i colorati copricapo in piume d’uccello. Dall’Argentina, il prezioso vaso per bere il mate...

Da ricordare che il “Museo missionario etnologico”, questo è il suo nome storico (anche se oggi purtroppo si tende a omettere la qualifica di “missionario”), fu voluto da Pio XI dopo la grande Esposizione universale missionaria, organizzata nei giardini Vaticani per l'anno santo del 1925.

A quella esposizione avevano contribuito molto anche gli istituti missionari.


Il museo è un libro sempre aperto

Ammirando le opere esposte, mi è venuto spontaneo pensare a san Guido Conforti che, dopo l’Esposizione universale di Torino del 1898, volle anche lui fondare il museo d’arte cinese ed etnografico, che oggi ammiriamo nella casa madre dei saveriani a Parma.

Scriveva Pio XI: “Un museo è come una scuola, come un libro sempre aperto”.

Con 34 euro, mi sono procurato una copia (scontata) del pesante catalogo “Le Americhe” (400 pagine per 5 chili), e mi sono avviato verso casa, costeggiando le tortuose mura Vaticane.



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