Don Crescenzio Moretti ha raccolto in un libro le “Storie missionarie della chiesa di Cesena-Sarsina”, su richiesta del vescovo Douglas Regattieri. Don Crescenzio ha intrapreso questo lavoro con passione e amore. A lui va il grazie sincero di tutta la Chiesa diocesana.
Nella presentazione del libro, mons. Douglas auspica che “la testimonianza di presbiteri, religiosi e laici faccia fiorire una rinnovata stagione missionaria ad gentes ancora oggi nella nostra diocesi”. Don Crescenzio fa memoria dei nostri missionari non per venerarne le ceneri, ma per ravvivarne il fuoco che rese incandescente la loro vita e deve incendiare la nostra. Scrive: “A me, la passione missionaria brucia ancora dentro e sono grato all’ardore missionario di papa Francesco che la mantiene viva nel mondo”.
L’ambito del libro. Il volume raccoglie le storie e le testimonianze dei missionari defunti della diocesi. Per fare questo, don Crescenzio ha cercato notizie, documenti e testimonianze presso i familiari, gli amici, le parrocchie e le congregazioni di appartenenza. Non si limita, tuttavia, ad una raccolta di notizie o di fatti di cronaca. Intende esplorare lo spirito che li ha spinti ad uscire dalla loro terra, dalle proprie famiglie, dalla Chiesa locale per portare il Vangelo ai popoli a cui il Signore li inviava. Sono le pagine più preziose.
Alcune caratteristiche comuni a tutti sono evidenziate lungo l’intero volume. Lo spirito di preghiera e l’amore a Cristo è la prima. Di don Dante Moretti si dice: “Si alzava al mattino molto presto; dedicava il primo tempo alla preghiera, poi al lavoro sino a tarda sera”. Don Virgilio Resi: “Sia che rimanga, sia che vada, tutto è per Cristo, per la gloria di Cristo”. Di p. Tonino Bellagamba si dice che aveva una spiccata pietà, così come p. Tarcisio Rossi. Fratel Marino De Cesari, dovendo affrontare un difficile intervento, scriveva al suo Superiore: “Nel periodo quaresimale cercherò il percorso del Calvario col Cristo Gesù”. P. Bruno Boschetti (saveriano) aveva sempre in bocca la parola “Gloria a Dio”. P. Tarcisio Montanari Lughi: “Per Cristo a tempo pieno”. Suor Pasquita Emilia Tappi: “Sono contenta di quello che il Signore mi ha dato; ciò che vale è fare bene la sua volontà”. E così tante e tanti altri. Al Signore si dà tutto e per sempre, con prontezza, sia a Lui direttamente, sia a Lui riconosciuto in tutti quelli che si incontrano nel corso della vita.
Di suor Verdiana Tappi, così ha detto il nipote don Gianpiero Casadei: “Quando raccontavi che portavi Gesù Eucaristia agli ammalati, ti ardeva il cuore per un mistero così grande”. Suor Stefana Lidia Foschi: “La preghiera era per lei intima sorgente di forza e di speranza”. Suor Loretta Abbondanza: “Non mi sento mai sola, perché il Signore è sempre con me”. Di suor Francesca Elvira Casadei è scritto che “nonostante la salute sempre più precaria, partecipava fedelmente all’Adorazione Eucaristica quotidiana”. Di suor Maria Ancilla Casali una consorella ha lasciato questa testimonianza: “Il suo amore a Gesù Eucaristico e al sacrificio non saranno mai dimenticati”. La volontaria laica Maria Lucia Donati “era molto religiosa”. La dottoressa Maria Silvia Belletti aveva scritto dal Brasile: “La sicurezza che Dio ci aiuta e non semplicemente ci guarda mi dà una gioia interiore difficile da spiegare a parole”.
È messo in evidenza anche l’amore dei missionari per la gente a cui sono stati mandati, soprattutto per i poveri. Un amore che veniva subito percepito, oltre le differenze culturali e caratteriali. P. Giuseppe Arrigoni (saveriano) testimonia che alla morte di don Primo Ricci anche i non cristiani dissero: “Ora sì che comprendiamo che cosa vuol dire amare. Se ne poteva morire in pace in Europa ed invece ha voluto donare tutto quello che gli restava”. La capacità di dialogo, di cambiamento, di mobilità, di vivere con estrema essenzialità, sono altre caratteristiche di tutti: presbiteri, religiosi e laici. “Fare a meno di lussi e a volte anche del necessario, non mi dà tristezza”, scriveva la dott.ssa Belletti.
In tutti traspare un grande spirito missionario per testimoniare il Vangelo nelle nazioni in cui si trovavano, così come nel desiderio di contagiare le parrocchie e le chiese di provenienza. In senso geografico, i missionari di strada ne hanno fatta tanta: Asia, Africa America Latina. Hanno camminato e viaggiato in aereo, in auto, più spesso su camioncini a volte sgangherati, su strade spesso sterrate o appena tracciate; nelle grandi città o in mezzo ai villaggi, alle foreste, lungo i fiumi.
Hanno fatto molta strada anche in senso culturale. Si sono sentiti piccoli in mondi completamente nuovi nei modi di relazionarsi, di lingue a volte difficili, di mondi religiosi alieni al loro. Hanno percorso tanta strada anche in senso personale: la missione ti costringe a fare un viaggio all’interno di te stesso; a rivedere le motivazioni, le priorità, il modo stesso di vivere la fede.
Missione è Dono. Ma non dobbiamo limitarci all’ammirazione dei nostri missionari. Chiediamoci: che cosa significa Chiesa in uscita nella nostra diocesi? Chi fa attenzione ai non credenti, agli immigrati (non solo ai richiedenti un panino!)? Chi può dire “la missione mi brucia dentro”?
