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La memoria di p. Luigi Carrara

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In questo tempo dell’anno, quando le stagioni si spengono e la natura si mette a dormire, ci è caro ricordare coloro “che ci hanno preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace”. In novembre ricordiamo i nostri morti e per loro offriamo preghiere, fiori e lumi, facciamo celebrare Messe e soprattutto compiamo opere di carità.

Continuiamo così il cammino di vita e di speranza di coloro che sono vissuti prima di noi, mantenendo vivo il ricordo del bene fatto e raccomandandoli alla misericordia di Dio. Sono i nostri cari che ricordiamo più facilmente, ma è buona abitudine ricordare anche le “anime abbandonate” e pregare per loro.

Il 28 novembre del 1964

Per noi bergamaschi si aggiunge quest’anno un’altra circostanza. Il 28 novembre di 50 anni fa veniva assassinato un saveriano originario di Cornale di Pradalunga: p. Luigi Carrara, di 31 anni. Riteniamo questo nostro fratello un vero martire della chiesa missionaria. Perciò sentiamo il bisogno di chiedere a lui la sua preghiera d’intercessione. Interceda presso il Signore a nostro favore, perché conserviamo la fede e la tramandiamo integra alle nuove generazioni.

Grazie alla fede ricevuta dagli antenati, p. Luigi Carrara ha dato la sua vita e ha sparso il suo sangue, per essere seme fecondo di vita cristiana per le generazioni di oggi e di domani, in terra bergamasca e in terra africana.

L’odio della vendetta

L’olocausto dei saveriani in Congo si consumò il 28 novembre 1964 per mano di Abedi Masanga che era stato al servizio della missione e poi si era dato alla politica. All’inizio della ribellione si era fatto notare per la sua prepotenza e per le ruberie che operava nei villaggi, ai danni della popolazione inerme, libero e indisturbato di compiere vendette e soprusi.

Il 27 novembre cercò di tendere un’imboscata a una colonna di autoblindate guidate dai mercenari e lanciò i suoi simba all’attacco. Fu una carneficina! Oltre 700 simba caddero sotto i colpi di mitragliatrici e mortai. Lui si salvò sotto un mucchio di cadaveri. Il giorno seguente, ebbro di odio e di alcol, pensò di vendicarsi dello smacco subito assaltando i saveriani delle missioni di Baraka (padre Carrara e fratel Faccin) e di Fizi (padre Didonè e il sacerdote locale don Atanasio Joubert).

L’eccidio di Baraka

Verso le nove del mattino il carnefice arrivò a Baraka con un piccolo gruppo di uomini armati e sfogò l’ira contro fratel Vittorio Faccin, che stava lavorando nella sua stanza. Lo fece uscire e gli scaricò addosso l’intero caricatore dell’arma.

Il confratello p. Luigi Carrara stava confessando: uditi gli spari, uscì dalla chiesa indossando la stola violacea e si avviò verso Abedi. Questi gli gridò: “Ti porto a Fizi per ucciderti”. Padre Carrara rispose calmo: “Se mi vuoi uccidere, preferisco morire qui, vicino al fratello”. E si inginocchiò a pregare. Abedi lo uccise in quella posizione, che gli era stata tanto cara per tutta la sua vita. I corpi dei due martiri furono sepolti da mani pietose in fretta e di nascosto.

L’eccidio di Fizi

Compiuto l’eccidio, Abedi si diresse verso Fizi dove arrivò nel tardo pomeriggio. Fermò la macchina davanti alla grande statua dell’Immacolata che domina l’entrata della missione, a pochi passi della chiesa. Scese dalla vettura e chiamò ad alta voce p. Giovanni Didonè.

Questi uscì e neppure si accorse che Abedi teneva la pistola puntata su di lui. Fu colpito in pieno e cadde di schianto, senza un lamento. Uno zampillo di sangue bagnò il terreno. Poco dopo Abebi uccise anche il sacerdote Joubert.

Le salme dei due martiri vennero sepolte la mattina dopo dai cristiani ancora terrorizzati.



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