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La giornata degli afro-discendenti

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A giugno, nel santuario missionario “Nossa Senhora da Piedade”, nella parrocchia São Francisco Xavier, accogliamo sempre un gruppo di persone di discendenza africana. Arrivano da varie parrocchie della nostra regione. Il giorno ufficiale della coscienza nera qui in Brasile è il 20 novembre (Zumbi). Ma, per tradizione (l’esperienza dura da oltre 10 anni), desiderano vivere un’altra giornata di cultura afro, con l’intenzione di combattere il razzismo e promuovere la pace tra i popoli. Poi, di fatto, diventa un’esperienza per far crescere l’armonia tra i discendenti dei popoli indios, europei e africani, che costituiscono il popolo brasiliano.

Scelgono sempre una domenica. Arrivano nel primo pomeriggio, c’è anche l’Eucarestia (anche se per loro non è il momento centrale) e poi canti, danze, conferenze, condivisione. Tutto è vissuto con grande gioia e allegria. Al di là della festa e dell’accoglienza, mi stupisce che questa manifestazione di “afro discendenti” riunisca persone di varie città, professioni, “status sociale” ed età differenti. Tutti partecipano perché si sentono afro discendenti. Questa percezione e il sentimento che ne deriva mi fanno riflettere e ricordare. In Brasile, che dal punto di vista numerico è uno dei paesi al mondo con il maggior numero di persone “di colore”, il censimento chiede ai cittadini a quale “etnia” (colore della pelle) si sentano di appartenere. Le conclusioni ci stupiscono, perché, pur essendoci in Brasile moltissime persone di colore, dal punto di vista soggettivo e della percezione, le persone afro-discendenti non sono così tante.

Mi ricordo una lezione ricevuta durante una conferenza appena arrivato qui. Il sociologo ci disse: “Carissimi presbiteri, suore e laici stranieri, che partecipate a questo corso per conoscere le culture dei popoli nella nostra nazione, fermatevi un momento e osservate. La differenza tra gli olandesi, che in Sudafrica incontrarono molte persone di colore e dove poi nacque l’hapartheid, e i portoghesi, che in Brasile incontrarono molte persone di colore senza che si creasse l’hapartheid, sta nel concetto di percezione soggettiva, nel come ci si sente. In Sudafrica chi era di colore non poteva assolutamente sentirsi bianco, in Brasile chi non è bianco può ugualmente sentirsi tale. Una differenza sostanziale”.

Possiamo discutere e contestare il contenuto di questa conferenza. Al tempo stesso, è in questa direzione che mi piace interpretare l’esigenza di mantenere viva la giornata dei discendenti africani nel nostro santuario. A loro non interessa eliminare i bianchi. Si sentono “afro discendenti”, ma anche totalmente brasiliani. E se i loro antenati sono arrivati dall’Africa, loro in Africa non desiderano tornare. In questa giornata, vogliono soprattutto vivere con gioia il futuro nella fratellanza, nel rispetto e nell’allegria di essere (e sentirsi) costruttori di una nazione e di un mondo più giusto.



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