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In Marocco, una Chiesa piccola ma significativa

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La Chiesa marocchina è significativa perché porta un tesoro in vasi di terracotta. Ha infatti qualcosa da dire alla società. Papa Francesco in visita in Marocco ha detto: “Non è un problema essere pochi; il problema sarebbe essere insignificanti (vuoto di senso), il problema sarebbe diventare sale che non ha sapore evangelico, questo è il problema! (…) La vita si gioca nella capacità di essere “fermento” ovunque ci incontriamo e con chi ci incontriamo” (Discorso nella Cattedrale di Rabat, 31 marzo 2019)

Gli operatori pastorali in Marocco provengono da oltre 100 paesi. È una testimonianza concreta al mondo che è possibile vivere in comunione e lavorare gli uni con gli altri, anche se così diversi. Questa natura universale ci aiuta ad instaurare relazioni di amicizia tra cristiani e musulmani. Con la vita si dice a tutti: “Musulmani e cristiani possono vivere da amici, anzi di più, da fratelli”.

L’azione per far crescere il Regno di Dio non è confronto o competizione, ma unire le forze, valorizzando le diversità: cristiani e musulmani, credenti e non credenti, tutti uomini di buona volontà, per lavorare insieme alla costruzione di quel “cielo nuovo e terra nuova...dove non ci sarà né pianto né lutto né dolore…”.
In questo Paese i cristiani sono tutti stranieri, ma la Chiesa vuole essere marocchina. Per questo si consente un grande sforzo nel conoscere e amare la lingua, la cultura, la storia di questo popolo che accoglie i missionari e permette di vivere la fede cristiana. Ciò che guida l’azione della Chiesa è il principio teologico dell'Incarnazione, fondamentale in ogni azione ecclesiale.

I musulmani sono considerati come fratelli e sorelle a cui si vuole andare incontro per instaurare un dialogo che inizi con l’amicizia e la convivenza, prosegua con il lavoro congiunto al servizio delle grandi cause dell'umanità e culmini nella condivisione della fede e della preghiera, dove è possibile. “Il dialogo - ci ha detto il Papa durante la sua visita - non è una moda passeggera e tanto meno una strategia per aumentare il numero dei membri della Chiesa... Se la Chiesa deve entrare in dialogo, è per la fedeltà al suo Signore e Maestro, il quale, dall’inizio, mosso dall’amore, ha voluto entrare in dialogo come amico e invitarci a partecipare della sua amicizia”.

La collaborazione tra cattolici, protestanti, anglicani e ortodossi è forte e diffusa. È stato creato il COEM (Consiglio Ecumenico delle Chiese del Marocco) e dal 2012 opera a Rabat l’Institut Oecuménique de Théologie Al Mowafaqa, creato su iniziativa dell'Arcivescovo di Rabat e del presidente della Chiesa evangelica in Marocco. Il motto dell’Istituto è: “S’accorder et Servir”, “Accordarsi e servire”. Papa Francesco si è espresso così sull'Istituto: "Considero anche la creazione dell'Istituto Ecumenico Al Mowafaqa come un segno profetico.

La Chiesa del Marocco coltiva la dimensione samaritana, soprattutto a favore dei migranti in maggior parte provenienti dall’Africa sub-sahariana. Cerca di coniugare i quattro verbi che il Papa propone: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Diverse congregazioni, gruppi e parrocchie operano nel mondo della sanità pubblica (anche come infermieri), sostengono associazioni a favore dei disabili e istituiscono opere per loro (una scuola per sordomuti, ad esempio, oltre a centri e ricoveri per disabili gravi o giovani donne sole incinte), organizzano asili nido per famiglie disagiate, lavorano per l'alfabetizzazione e la promozione delle donne, agiscono nelle aree rurali (cooperative, perforazione di pozzi, ecc.).

È una Chiesa giovane, dinamica, gioiosa e festosa. Questo anche grazie ai nostri fratelli dell’Africa subsahariana che vengono a studiare in Marocco. Molte delle nostre comunità sono formate da loro. Portano musica, danza, colore, allegria alle nostre feste e grazie a loro ogni anno celebriamo circa 40 battesimi giovani-adulti e quasi cento cresime.



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