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In Brasile, sesta potenza mondiale

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Padre Andrea è tornato in Brasile il primo gennaio scorso, assieme alla mamma Regina. Prima di partire sono venuti a trovarci: è stato un bel momento di familiarità, non solo con la mamma di Andrea, ma - in un certo senso - con tutte le famiglie dei nostri confratelli missionari. Dal Brasile ci ha mandato questo articolo che volentieri pubblichiamo.

Prima di leggere queste poche righe, osservate bene la foto a fianco: non è un fotomontaggio; è la triste realtà quotidiana per migliaia di persone. Siamo nella discarica di una delle più grandi città dell'Amazzonia: Belém do Parà, situata sul delta del Rio delle Amazzoni. Il nome lo prende dal quartiere che la ospita: "Lixão do Aurá - Discarica di Aurá".

Qui centinaia di famiglie trovano la fonte per il pane quotidiano. Siamo in un posto dove avviene la raccolta differenziata dell'immondizia, e questa raccolta frutta un salario mensile. Una raccolta differenziata con una caratteristica: non è fatta all'origine, come tanti fanno in Italia, ma alla fine del processo: nella discarica.

Dignità e sacrificio

I rifiuti organici riutilizzabili, le varie materie plastiche riciclabili e non, i più svariati materiali di scarto si mescolano ai temuti rifiuti degli ospedali. Coloro che ogni giorno fanno di questo posto il loro "ambiente di lavoro" si trovano a contatto con le più disgraziate malattie. Ma questo è il prezzo da pagare per mantenere una famiglia e per dare un futuro ai propri figli.

Mentre scatto qualche foto, un senso di vergogna mi assale. Nei volti vedo una combinazione tra la dignità di persone che sanno perfettamente dove sono e il sacrificio di restare per finire di riempire i borsoni di plastica che frutteranno loro quei dieci euro al giorno: il minimo per sopravvivere. Qualcuno sceglie questo "lavoro" - se così si può chiamare - perché "garantisce uno stipendio più alto di un magazziniere"; che equivale a 210 euro al mese.

L'etica nello sviluppo

Qualche politico vuole impedire l'ingresso alla discarica, perché la situazione di lavoro è indegna; ma proprio loro non si rendono conto che forse è ancora più indegno dover lavorare per otto o più ore, sei giorni alla settimana, spenderne più di tre in mezzi di trasporto inumani più che urbani, per un totale di 11 o 12 ore, per la misera cifra di 210 euro.

Arrivare a casa senza poter guardare in faccia i propri figli, con appena il tempo per fare un bagno e una cena frugale, e subito addormentarsi davanti alla tv, sfiniti per la fatica! È questa la vita della maggior parte dei cosiddetti "cittadini". Molti preferiscono la discarica: un lavoro insalubre, ma con un margine di tempo per vivere in famiglia.

"Dilma svegliati!": questa scritta, evidentemente in portoghese (Dilma acorda!), viene messa in mostra per le vie dei quartieri brasiliani. Non si può continuare a capitalizzare nelle tasche di pochi questo benedetto "miracolo brasiliano"; l'etica nello sviluppo non è più un'opinione di qualche missionario o sindacalista.

Uno stile di sopravvivenza

La discarica è solo la punta di un iceberg di miseria, e tutti lo sanno. Nessuno pretende che si possa risolvere la povertà di molti in poche settimane; ma almeno si può cominciare a controllare l'immensa fortuna di pochi ricchi, da dove proviene e dove va a finire... Ma come spesso capita, coloro che sono al governo hanno anch'essi interessi in queste ricchezze accumulate.

La ricerca nei bidoni della spazzatura di qualcosa da vendere, da riutilizzare o da mangiare - fatto saltuario nelle grandi metropoli europee, e adesso fenomeno crescente con la crisi generale - qui a Belém do Parà è invece uno stile di... sopravvivenza.



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