Il "paese natale", secondo me: Dal Giappone, Lettera agli amici
Padre Moioli, saveriano di Nembro, è tornato in Giappone, senza poter salutare tutti. Se ne scusa e ripara inviandoci sue notizie, come aveva promesso.
Un autore inglese ha detto che per lui "la patria è dove appendi il cappello". Si tratta di una lodevole dichiarazione di uno che ha il cuore libero e con dichiarata universalità! Ma devo dire che per me non è mai stato così. E penso che la stessa cosa sia anche per molti di voi.
Ritorno al futuro
Il paese natale è il paese dove uno ha scoperto, conosciuto e amato la vita. Non lo si dimentica mai. Il luogo dove ciascuno di noi è nato, si ama sempre, fino alla morte. Gli odori, i sapori del paese natale rimangono nella carne, nel cuore. Al paese natale si vorrebbe sempre tornare, anche nel sogno, anche con il proprio corpo, anche dopo la morte.
Paese natale per noi missionari è, però, anche il posto che ha fatto nascere e dato vita ai nostri sogni, che ha realizzato le nostre aspirazioni, che ha rubato il nostro cuore, che ha consumato le nostre forze e tutta la nostra vita. A gennaio, dopo cinque anni trascorsi in Italia, sono tornato in Giappone. Per me è stato come tornare al paese natale, dove sono nato con il mio cuore di missionario, con le mie aspirazioni e sogni, e a cui ho consegnato la mia vita.
Le rughe sui nostri volti
La prima volta che arrivai in Giappone, i miei occhi e le mie attenzioni erano prese dai palazzi, dai ponti, dalla tecnica, dalle costruzioni originali ed esotiche, dai templi buddhisti e dai meravigliosi quadri naturali dei templi shintoisti. Ora che sono tornato al paese natale, mi ha sorpreso trovare le solite piccole cose di una volta, vecchie, rovinate... Non so perché, ma proprio a queste ora rivolgo la mia attenzione e il mio interesse.
Quando un figlio, dopo molto tempo, torna alla propria casa, nota le rughe sul volto della madre, i nipotini cresciuti, i parenti invecchiati o già defunti... Così è stato per me: ho visto le rughe sul volto di chi avevo lasciato in fretta cinque anni fa, e loro, credo, avranno notato le mie. Mi ha commosso incontrare alcune persone amiche, anch’esse invecchiate. Ancor più mi ha commosso non poter incontrare altre persone care, che mi hanno lasciato per il cielo.
Nello stesso tempo, ho ritrovato in quelle piccole cose invecchiate, nelle case vuote e diroccate, negli anziani che ancora riempiono la chiesa, nei poveri che spingono una bicicletta carica di lattine vuote, nelle suore che ogni mattina cantano e pregano a Messa..., ho ritrovato - dicevo - una bellezza più profonda, un po’ più di speranza e il desiderio di ricominciare.
Il vangelo in ogni momento
Fino a Pasqua resterò nella chiesa di Shimazaki, quasi nel centro della città di Kumamoto, la seconda città del Kyushu. La parrocchia è vicina al vecchio castello della città. Darò un aiuto ai tre saveriani della comunità in cui vivo - p. Danilo Marchetto, p. Renato Filippini e p. Ernesto Moriel - per la celebrazione delle sante Messe quotidiane. Ho cominciato anche a fare conoscenza con le persone che abitano vicino alla chiesa, distribuendo sorrisi a tutti.
Dopo Pasqua, mi dedicherò alla cura pastorale delle comunità di Kikuchi e Yamaga, due piccole parrocchie alla periferia di Kumamoto. Cercherò di far crescere queste comunità cristiane a me affidate. Ma desidero che la predicazione del vangelo si estenda, grazie alla mia presenza, anche nella vita comune della gente, nel lavoro quotidiano, nei vari momenti della vita dei giovani e degli anziani, di chi soffre e di chi fa festa.
Voglio essere un segno di Colui che ha detto "io sono la vita" , riconoscendo che già io stesso e tutti noi l’abbiamo ricevuta a piene mani e in abbondanza.