Hai solo un dente? Ricordo del viaggio in Brasile
di Maira Marzoni
La scorsa estate ho visitato il Brasile per venti giorni. Ho avuto il privilegio di volare in un “altro mondo”, di guardarlo dal di dentro. E tiro un sospiro di sollievo, perché sento che quella gente non l’ho ancora abbandonata.
Quando ci ripenso, scopro le tracce ancora vive e colgo il frutto di un’esperienza che non è solo da evocare, ma da continuare a vivere. Quando ho scelto la strada da prendere, avevo davanti gli occhi di Giulio, che divide la sua vita tra studio e lavoro in fabbrica.
Quando mi sembra di adagiarmi nel rassicurante “senso comune”, sento le parole di Jõan Costa che spende la propria vita a fianco dei contadini: “ho imparato più da loro che alla facoltà di filosofia”. Quando vengo colta dall’ansia di arrivare dappertutto, mi viene in mente quella casa sperduta dove George e la sua famiglia cercano di resistere alla pressione dei latifondisti e di andare avanti. Quando mi sento delusa, ricordo Madira e la figlia, donne che hanno un sogno e questo le aiuta a superare tutti i sacrifici.
Dentro mi frulla un pensiero costante: queste persone semplici rappresentano un faro per le nostre esistenze. Quelle vite fatte di sudore e di sogni contengono il germe di una “rivoluzionarietà” che noi abbiamo perso; hanno una coscienza globale che noi, cittadini globalizzati, neanche ci sogniamo.
Ho avuto la fortuna di incontrare, anche se per pochi giorni, veri “maestri di vita”. Sono convinta che noi “possiamo salvarci” recuperando il senso delle cose che valgono, proprio da quella gente che trova la forza per vivere e soffrire, senza mai perdere la speranza.
In un calendario nella casa delle saveriane era scritto così: “So tens um dente? Sorri com ele!” - Hai solo un dente? Sorridi con quello.