Fino in fondo nella fedeltà, La Parola di Dio mi ha preso per mano
Il cammino di una vita è fatto di passi consequenziali l'uno all'altro. A volte il cammino procede quieto in pianura, altre fatica per salite ardue, altre ancora scivola rapido nelle discese. Penso al cammino della mia vita fino a qui e porto occhi e cuore sull'accelerata decisiva di questi ultimi mesi.
Un "sì" per... ritrovarsi
Il 23 ottobre mons. Conforti è stato proclamato "santo" dalla chiesa: un modello da imitare nel vivere e testimoniare il vangelo di Gesù. Il giorno seguente, nella Messa di ringraziamento in san Paolo fuori le Mura a Roma, ho espresso la mia decisione definitiva, assieme ad altri otto confratelli: il nostro impegno a vivere per tutta la vita la fedeltà a Dio nella famiglia dei saveriani.
Un "sì" che arriva a distanza di otto anni dall'ingresso nella comunità saveriana di Desio, ai quali sono seguiti due anni nel noviziato di Ancona e altri quattro nello studentato teologico di Parma. Alla parola "sì", associo il verbo "ritrovarmi": come l'albero che mette radici profonde e dà frutti buoni solo nella terra che trova giusta.
Nelle parole delle Costituzioni saveriane che identificano "i poveri, i deboli, gli emarginati dalla società, le vittime dell'oppressione e dell'ingiustizia" come i destinatari privilegiati della nostra missione, trovo la fedeltà a quei passi che Dio Padre ha camminato nella mia vita a partire da quando, ormai tanti anni fa, cominciai a prendere in mano la Parola per poi accorgermi che era lei a prendere per mano me.
Gli insegnamenti dei detenuti
Il 7 dicembre c'è poi stato un altro passo decisivo, quello del diaconato. Una volta, il caro amico Mustafà, che è un rom macedone musulmano e capisce poco l'italiano, mi ha chiesto: "Ma Andrea, cos'è diacono?". Gli ho risposto in fretta, senza pensarci tanto: "È quasi prete". In realtà, la parola "diacono" in greco significa "servo": è un cammino verso il basso, seguendo i passi di Gesù di Nazaret.
Rimarrò a Parma fino all'inizio dell'estate, quando sarò ordinato prete; all'inizio dell'autunno spero di partire per la missione. Intanto sto terminando gli studi, mentre proseguo il servizio in parrocchia a Torrile e nel carcere di via Burla, dove sono catechista e volontario con la Caritas.
Dagli amici detenuti imparo a leggere il vangelo partendo dalla loro vita: ogni volta che ci incontriamo, sono loro a farmi l'esegesi delle parole di Gesù; sono loro a insegnarmi come ci si rialza dopo essere caduti. È qualcosa che ha il sapore di risurrezione.
Il cammino va avanti. Prego Dio Padre di tenermi la sua santa mano sulla testa, attraverso le mani dei poveri, per vivere fino in fondo nella fedeltà.