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È bello vedere una comunità unita

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P. Giovanni D’Elia, tarantino doc, prima di ripartire per il Giappone, ci ha parlato un po’ di sé.

Ho 48 anni e fin da piccolo ho frequentato la parrocchia della Concattedrale di Taranto, dove i miei genitori erano catechisti. In parrocchia ho fatto per molti anni il ministrante nell’Eucarestia. Successivamente, sono stato volontario della Caritas, con l’allora direttore Stefano Leogrande. Negli anni ottanta, ho avuto la fortuna di conoscere i saveriani, durante i campi di lavoro della Caritas che si facevano nella diocesi. Ho potuto aprire gli occhi sulla realtà più vasta del mondo. E la missione mi ha attirato in maniera naturale.

Oggi, si corre il rischio di ascoltare tutti e tutto, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, e poco se stessi e Dio. Diciamo che non sono io ad aver scelto i saveriani, ma è Dio che me li ha fatti conoscere e scegliere. E questo non è destino, ma solo saper aprire gli occhi al progetto di Dio su di noi. Dopo aver studiato teologia a Manila, nelle Filippine, sono stato ordinato presbitero a Taranto il 19 ottobre 2002 in occasione della veglia per la giornata missionaria mondiale.
Sono partito subito per il Giappone. Dopo lo studio della lingua, studi accademici per l’inserimento nel mondo della scuola e le prime esperienze nella pastorale missionaria, sono diventato parroco della chiesa di San Paolo in Amagasaki, vicino a Osaka, 9 anni fa.

Poi, è iniziata anche la mia esperienza nel mondo della scuola. Infatti, insegno religione alle ragazze dell’ultimo anno delle superiori alla scuola di Maria Ausiliatrice, delle suore salesiane, e anche alle ragazze di un’altra scuola superiore, gestita da suore giapponesi. I miei piani per il futuro sono molto semplici.
Prima di tutto, l’anno prossimo incominceranno i lavori per la nuova chiesa di san Paolo. Per certi versi non è semplice costruire una chiesa nuova, vedendo la crisi economica che colpisce anche il Giappone, ma, ringraziando Dio, non sono solo io come missionario a guidare la costruzione. L’intera comunità parrocchiale è coinvolta. Anzi, grazie alla costruzione della chiesa, la comunità si è molto unita.
A volte, scherzando, dico che una volta fatta la chiesa, dovremmo distruggerla e ricostruirla ancora, perché così rimarremmo sicuramente uniti. Insomma, la ricostruzione fisica della chiesa ha comportato anche una crescita comunitaria eccezionale. Ovviamente, una volta completata la costruzione, dovrò spostarmi. Ma questo è proprio il carisma missionario, pronti a ripartire da zero.

L’altro obiettivo per il futuro è continuare nell’insegnamento della religione nelle superiori. Nelle nostre scuole cristiane in Giappone, normalmente, il 99% degli studenti, inclusi i loro genitori, è non-cristiano. Quindi, il lavoro nel mondo della scuola è senza dubbio una grande occasione di primo annuncio, per trasmettere e far apprezzare i valori evangelici. Si fa conoscere il Signore a tutti, come invocava il nostro santo fondatore, Guido Maria Conforti.



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