Conforti, il medico dei poveri: Addio a Ismaele, pronipote
Ringraziamo il sig. Luigi Vignoli, comune amico, per averci segnalato la testimonianza apparsa sul quotidiano Parmense il 9 luglio 2012, e che volentieri mettiamo a disposizione dei nostri lettori e lettrici di "Missionari Saveriani".
Portava il nome del nonno Ismaele, fratello di san Guido Conforti, ed era figlio del suo primogenito Rinaldo. Fu cresimato dallo zio vescovo che incontrò in più occasioni durante la sua infanzia. Nato nell'agosto del 1919, Ismaele Conforti è morto a inizio luglio a quasi 93 anni.
Nelle sue testimonianze ricordava quando, a soli 11 anni, visitò mons. Conforti pochi istanti prima che morisse, ma non gli parlò per non affaticarlo. "Quando tornò dalla Cina - raccontava - andai a fargli visita in vescovado con la mamma. Ebbi l'impressione che fosse molto stanco. Mi regalò un rosario, raccomandandomi di recitarlo spesso. Lo conservo tuttora. Nel 1927, dopo la mia prima comunione, andai a trovarlo e mi regalò un cofanetto con dentro un cuore di madreperla".
La protezione nei momenti difficili
Amava dire che la protezione dello zio santo lo aveva seguito nei momenti difficili. Ricordava soprattutto un inedito episodio quando, sul finire dell'estate del 1944, venne fermato da due militi delle brigate nere e portato al comando in via Cavestro dove lo perquisirono.
Racconta lui stesso: "Nel portafogli l'ufficiale trovò la foto di monsignor Conforti. Dopo un attimo di riflessione, mi chiese se, chiamandomi Conforti, ero per caso un parente del vescovo, morto già da 13 anni. Gli risposi che era il fratello del nonno Ismaele. Lui alzò lo sguardo e mi disse testualmente: «Quello era un santo. Penso che lei sia in regola». Chiamò il capoposto ordinandogli di mettermi in libertà".
Nel 1996 fu chiamato a rappresentare la famiglia nella basilica di san Pietro, alla cerimonia di beatificazione di Guido Conforti. Ma il suo stato di salute non gli consentì di essere presente a Roma, il 23 ottobre scorso, quando papa Benedetto XVI lo proclamò santo.
Il servizio prezioso all'Enpi
Alunno dei salesiani e del Romagnosi, si laureò in medicina nel 1944, con una tesi sull'elettroencefalogramma. Ufficiale medico nel corpo della Sanità militare, prestò servizio dal 1949 al 1956, ad Ancona, nel Polesine, a Piacenza, nella legione carabinieri di Parma come dirigente del servizio militare di presidio, a Palozza con il corpo degli alpini, dove girò i campi militari della Carnia a bordo della sua Vespa, di cui era appassionato. Nel 1952 sposò Lia Porta, da cui ebbe due figli, Paolo e Giovanni.
Congedato, aprì l'ambulatorio medico in città fino al 1965, quando entrò nell'Enpi (Ente nazionale prevenzione infortuni), dopo essersi specializzato fra i primi in Italia in medicina del lavoro. Affrontò i gravi problemi che dagli anni '60 iniziarono a emergere nel mondo del lavoro industriale, approfondendo i temi delle malattie professionali, delle esposizioni agli inquinanti e alle polveri, del ruolo del medico di fabbrica, dell'igiene sul luogo di lavoro.
Sempre vicino ai più bisognosi
Chi ha conosciuto il dottor Ismaele ne ricorda la sua profonda spiritualità e il suo grande spessore umano. Era definito il "medico dei poveri" perché il suo studio e la sua casa erano un continuo via vai di chi non aveva alcun mezzo e che lui curava gratuitamente.
Vicino da sempre ai saveriani, fra i libri lasciati sul suo tavolo c'era la biografia di fratel Marcello Gemo, un missionario che ha speso la vita vicino ai malati e alle famiglie in difficoltà. Pur uomo di profonda cultura, Ismaele aveva superato la differenza tra la sapienza e l'ignoranza, tra il bello e il brutto, tra le differenze o le fazioni. Aveva colto l'essenza dell'insegnamento cristiano nella carità e nell'amore, in "unità" con gli altri. E il suo viaggio, oggi, continua nella rinnovata dimensione testimoniata dalla sua fede.