Con Paolo, L’operaio con sentimenti amorevoli
LA PAROLA
Abbiamo avuto il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna... E neppure abbiamo cercato la gloria umana, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio... E sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi a comportarvi in modo degno...
- 1 Tessalonicesi 2, 1-12.
Nel mese scorso abbiamo chiesto all’apostolo Paolo qual era il suo concetto di missione e con quali attitudini noi dobbiamo vivere la missione. È importante interrogarci oggi, dato che esistono molti equivoci e molte attività sono catalogate sotto l’etichetta di missione. Penso che la cosa migliore sia lasciarci guidare e illuminare dal pensiero che l’apostolo Paolo esprime nella sua prima lettera ai Tessalonicesi.
Annunciare il vangelo. Missione è annunciare il vangelo di Dio. Paolo arriva a Tessalonica provenendo da Filippi (cf. Atti 16,19-40), dove aveva sofferto insulti e persecuzione. Con franchezza e coraggio, decide di annunciare anche in questa città la buona Notizia e lo fa in mezzo a notevoli sofferenze e contrarietà. Lo sostiene “il coraggio che gli viene da Dio”. Afferma: “Dio ci ha trovati degni di affidarci la predicazione del suo vangelo”.
L’apostolo ha una certezza: la missione non è annunciare se stesso, ma qualcosa che non gli appartiene, cioè il vangelo, che è di Dio (2Cor 4,5-7). In questa certezza, Paolo è in continuità con il profeta Isaia: il messaggio è di Dio; egli è solamente messaggero, testimone, collaboratore, ministro, amministratore. Agli amministratori viene richiesta la dote della fedeltà (1Cor 4,1-2).
Un’esperienza di vita. Missione è condividere un’esperienza di vita. Paolo non fa bei discorsi né perde tempo in teorie. Racconta come egli ha vissuto la missione, mostrandoci innanzitutto ciò che non ha fatto: “il nostro annuncio non è stato mosso da inganno; non abbiamo usato frode; non abbiamo cercato la gloria umana...” La missione è innanzitutto convivere e condividere un’esperienza di fede, un’esperienza di gratuità. Infatti egli afferma che è solamente apostolo e servo di Gesù Cristo.
Poi parla delle convinzioni che lo hanno accompagnato e orientato nel suo agire. “Pur potendo far valere l’autorità di apostolo”, non agisce con autorità, ma con gli stessi sentimenti amorevoli di una madre, di un padre: “così affezionati a voi, avremmo voluto darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita”.
Sensibile alla situazione di povertà in cui la comunità viveva, egli prende la decisione di faticare: “lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio”. Fa un lavoro rimunerato per mantenere se stesso, per non essere di peso a chi vive una vita di penuria.
Lavoro di operaio e lavoro apostolico; vita e parola, per annunciare il vangelo di Dio: “vi abbiamo esortato, incoraggiato e scongiurato...”. Missione vuol dire condividere la durezza della vita e condividere la buona Notizia del Regno.
Per vivere i valori del Regno. “La mia venuta in mezzo a voi non è stata vana... Vi ho esortato a vivere in modo degno di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria”. Missione è annuncio del vangelo di Dio, è convocazione a vivere secondo l’annuncio ricevuto e accolto, seguendo l’esempio di colui che è il portatore della buona Notizia.
I missionari e le missionarie sono autentici servi e serve dell’annuncio, offerto nella condivisione della vita. Una vita che deve testimoniare e anticipare i valori del regno di Dio in mezzo all’umanità.
Oggi scriviamo libri sul metodo missionario di Paolo. Non è necessario fare questo sforzo. Piuttosto, guardiamo all’apostolo: con franchezza ha aperto cammini nuovi, ha osato per il nuovo, ha messo a rischio la sua propria vita. Soprattutto, è vissuto da missionario con questi sentimenti: “Portiamo il tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Così in noi opera la morte, ma in voi la vita.” (2Cor 4,7-12).
Ci chiediamo: quali cammini siamo chiamati a aprire noi oggi in mezzo all’umanità?