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Come va la gioia in casa tua?

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Hai capito il direttore di “Missionari Saveriani”?! Altro che lunghi articoli, parole pensate e poi scritte negli editoriali di ogni mese, frasi ad effetto o semplici considerazioni quotidiane… Con una sola mossa ha messo tutti a tappeto! Gli è bastato affiggere alla porta dell’ufficio un bel poster di papa Francesco che, dopo il saluto di rito, ci fa una domanda semplice e spiazzante: “Ciao! Come va la gioia in casa tua?”.

Non c’è molto da spiegare e nemmeno scuse da accampare. C’è da rispondere e basta. E questo vale per tutti, giovani e anziani. In pochi hanno commentato l’iniziativa di p. Marcello, ma credo che tutti si siano soffermati a riflettere, magari tra sé o a casa, una volta rientrati.

Non è facile rispondere a una simile domanda. Opinioni e atteggiamenti sono tanti. Se penso ai giovani, mi vengono in mente varie categorie.

  • C’è l’eterno insoddisfatto (“bene, però…”) che vorrebbe sempre di più, magari dando sempre meno.
  • C’è il convinto (“la gioia è ai massimi!”) per qualsiasi ragione ed è grato alla vita e al cielo.
  • C’è il fortunato, che ha la sorte dalla sua, ma non lo riconosce.
  • C’è chi non ha il coraggio di dire che la gioia in lui e in casa non c’è, pur avendone tutti i motivi.
  • C’è chi ostenta gioia, quasi per suscitare invidia;
  • c’è chi la soffoca per scaramanzia, perché teme che tutto possa cambiare.
  • C’è chi la condivide con chi non l’ha.
  • C’è chi ce l’ha a portata di mano ma non se ne accorge…

L’elenco potrebbe continuare senza fine! La gioia non è un momento di ebbrezza che un bicchiere di troppo regala in una serata di festa. Non è nemmeno una pastiglia presa in discoteca per ballare più forte fino a… morire di divertimento. Voglio essere ancor più provocatorio: la gioia non è nemmeno un viaggio o un’esperienza missionaria estiva, se poi non portiamo nella vita di tutti i giorni ciò che abbiamo vissuto. Esiste missione senza condivisione? Lascio a voi la risposta nel mese dedicato alla missione: ottobre.

Sono convinto che la gioia possa diventare uno stile di vita, una manifestazione interiore, un modo di interpretare l’esistenza.

Non mi sono messo le classiche “fette di salame” sugli occhi. Sappiamo tutti che avvenimenti, episodi, più in generale la vita, influiscono sugli equilibri di ciascuno di noi. Ma con un po’ più di gioia dentro, forse, si possono affrontare meglio le salite più dure e i momenti più bui.

Oggi, al contrario, siamo pervasi di dolore, sofferenze, disperazione e tanta cattiveria che trasforma tutti, anche i più giovani. E sempre più spesso il mondo degli adulti è impegnato a urlare, ad alzare la voce, mentre i silenzi di numerosi giovani fanno molto rumore, macinano pensieri che poi ritroviamo sui social media, enfatizzati e fuori controllo quando è troppo tardi.

Non spegniamo la gioia: raccogliamola e raccontiamola per seppellire un po’ le notizie tristi, gli episodi cruenti di cronaca.

Raccontiamo l’altra gioia, quella che non si vede nei tg, quella che spaventa chi si compiace del terrore, dell’odio, della violenza, solo perché vuole avere qualcosa di cui lamentarsi. La gioia non è ebetismo! La gioia sta anche nelle difficoltà, nella politica dei piccoli passi, nel sentirsi parte di una comunità che fa parte del mondo e che non può escluderlo.

Per cui, chiediamoci: “Come va la gioia a casa nostra?”. E pensiamo cosa e come possiamo rispondere…



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