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Come Celestina puntiamo in alto

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Così, si esprime madre Celestina Bottego quando rievoca i momenti cruciali della sua decisione, ovvero di essere, con p. Giacomo Spagnolo, fondatrice del ramo femminile dei missionari saveriani. “In un’atmosfera di pura fede e di fervore, fui condotta a dire il mio , mossa da un tenue impulso interiore, a cui non potevo resistere”.

Quel la portava a dare inizio a un grande progetto che già San Guido Maria Conforti, fondatore dei missionari saveriani, aveva sognato, ma non aveva potuto realizzare in vita. Ecco che cinquant’anni dopo prendeva forma. Dio, lungo la storia, prepara le persone, attraverso circostanze e avvenimenti. Nata nel 1895 negli Stati Uniti da padre Italiano e madre irlandese, nel 1910 Celestina Bottego giunge in Italia con la mamma. Si riunisce al resto della famiglia che vive alla periferia di Parma, nella casa dei nonni. Qui vi trascorre l’adolescenza, la giovinezza e la vita adulta.

Celestina collabora con il disegno provvidente di Dio, senza compiere fatti straordinari, ma cercando nella quotidianità unicamente la volontà di Dio. La sua vita, infatti, era vissuta all’insegna di relazioni vere e autentiche, nell’insegnamento della lingua inglese nelle scuole di Parma, nel servizio e dedizione ai più poveri del quartiere, nell’inserimento attivo in diocesi e in parrocchia, nella preghiera e nella carità verso tutti. A queste disposizioni, l’aveva preparata la sua consacrazione ad oblata benedettina che aveva come motto: “Nulla anteporre alla volontà di Dio”. La storia diventa così il luogo dove Dio realizza il suo progetto d’amore per i suoi figli e figlie.

Padre Giacomo Spagnolo, allora trentenne missionario saveriano, in dialogo con alcuni confratelli e amici presbiteri, cerca di discernere e si confronta sulla possibilità di dar vita al ramo femminile dell’Istituto saveriano per le missioni estere, che in quel periodo svolgeva la missione di annuncio del Vangelo in Cina. Venuto a conoscenza dell’irrealizzato progetto del suo fondatore San Guido Maria Conforti, p. Giacomo si sente incoraggiato a muovere i primi passi, non desiderando altro che compiere la volontà di Dio. Cercando la persona adatta per questo nuovo inizio, non solo vede in Celestina Bottego “una persona assai atta sotto tutti i punti di vista per dare origine ad una siffatta Opera”, ma viene confermato dai suoi consiglieri che è lei la persona giusta.

rmg Bottego 1957 58Celestina, all’epoca, tra i suoi molteplici impegni sociali, scolastici, parrocchiali e diocesani, si occupava anche di dare lezioni di inglese ai missionari saveriani partenti per la Cina. Alla prima proposta di p. Giacomo di collaborare nella nuova fondazione, Celestina si nega con fermezza, in quanto è certa di aver già risolto il problema sullo stato di vita, e che su di esso non aveva dubbi. Inoltre, si riconosce incapace di collaborare ad un così grande progetto. Si rende però disponibile a offrire i mezzi materiali per realizzarlo. Non le mancavano né soldi né risorse materiali in quanto la famiglia Bottego disponeva di un ricco patrimonio.

Padre Giacomo non si scoraggia, ma prega e fa pregare, affinché Dio illuminasse e desse la forza e il coraggio necessari per il . Passa quasi un anno da quella prima richiesta negata, tempo prezioso nel quale Celestina porta a maturazione quella scelta nella quotidianità degli impegni, nell’ascolto del suo cuore, e nella costante ricerca della volontà di Dio che coinciderà poi con la sua gioia. Ecco che padre Giacomo, in qualità di rettore della Casa Madre, in prossimità della Pasqua del 1944 le fa giungere gli auguri con una cartolina raffigurante il Cristo crocifisso, riportando una sola ed efficace parola: “Tutto”, chiedendo a Dio che questa, toccando il suo cuore, la facesse decidere. E fu così!

È la svolta incredibile alla sua vita, giunta quasi ai cinquant’anni. In piena guerra mondiale, il 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice, Celestina dice il suo , riconoscendo che la sua resistenza “fosse basata al suo attaccamento alla vita comoda, e che per cercare unicamente il Signore e non sé stessa, doveva dire il suo ”. Se per Celestina quel ha significato dar vita ad una famiglia missionaria, spalancando così i suoi orizzonti al mondo intero e consegnandosi tutta all’opera di Dio come madre e fondatrice, per ciascuna di noi quel ha significato la gioia di condividere il Vangelo con tanti popoli e culture sino agli estremi confini della terra.

La Chiesa l’ha dichiarata venerabile, cioè modello di vita cristiana. A quarant’anni (1980) dalla sua morte, Madre Celestina ci offre un esempio di vita vissuta in pienezza. Le capacità umane di dialogo, l’amicizia con tutti, l’apertura al diverso impreziosite dal dono di sé senza escludere nessuno, hanno reso straordinaria la sua vita ordinaria.
Vorremmo che Madre Celestina fosse per tutti un invito a puntare in alto, a non accontentarsi della mediocrità, a sapersi parte di un grande progetto che non si può realizzare senza il nostro , certi che se Dio chiede è solo perché ci vuol donare molto di più. Ai giovani di oggi, assetati di bellezza, di vita autentica e di originalità, diciamo che Cristo resta sempre il cammino da percorrere, perché con Lui si diventa capaci di disobbedire alle proprie paure in nome dell’Amore vero.

rmg mite è la forzaIn occasione del 40° anniversario della morte della nostra fondatrice, Rita Torti ci ha fatto dono di una nuova biografia di Madre Celestina Bottego. Pubblicato dalla EMI, il libro è intitolato “Mite è la forza” (pp. 248, € 14) ed è una rilettura della storia di una donna “speciale”, conosciuta dall’autrice solo attraverso scritti e testimonianze.
“Il libro - scrive Matteo Truffelli - annoda con solidità storica e gusto narrativo i fili della vita di Celestina Bottego. Tutti i fili: familiari, personali, politici, professionali, spirituali, associativi, relazionali...”.



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