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Beato chi non si scandalizza

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LA PAROLA
Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Venuti da lui, quegli uomini dissero: “Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. In quello stesso momento, Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più di un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la via. Io vi dico: fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui” (Lc 7,18-35).

Due miracoli, uno dopo l’altro: il servo del centurione guarito a distanza, il figlio di una vedova restituito alla vita. Poi, una battuta d’arresto, forse per farci prendere le distanze. Che senso hanno questi miracoli? È il Battista a fare emergere la domanda. Da quando era stato incarcerato non avevamo più avuto sue notizie. Eppure Luca gli aveva dedicato un largo spazio all’inizio del Vangelo, intrecciando la sua travagliata nascita con quella di Gesù, quasi a dire che non c’era l’uno senza l’altro.

Giovanni, il precursore del “più forte”, di colui che avrebbe battezzato in Spirito Santo e bruciato nelle fiamme eterne la pula separata dal grano, è poi finito in prigione per avere denunciato le scelleratezze di Erode. Almeno ci aveva provato a separare i buoni dai cattivi. Giovanni però è tormentato dal dubbio. Manda due dei suoi discepoli a interrogare Gesù: “Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettarne un altro?”. Se Gesù non è il Messia che sperava, anche lui ha fallito. Sta morendo per niente. E non muore solo lui, muore l’attesa di tutto un popolo. Gesù non risponde con argomentazioni dottrinali, non tenta neppure di difendersi. Opera lì stesso altri segni prodigiosi proprio come promesso dal profeta: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi saltano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano.

È questa la risposta da dare a Giovanni: non dimostrazioni di forza, ma segni della liberazione dal male che da sempre Dio ha portato avanti nella storia. Il Messia è venuto per questo: a portare una lieta notizia ai poveri, a chi sta male. E beato che non si scandalizzerà, come il Battista, di un Dio debole e compassionevole, di un Dio che ha rinunciato alla scure per abbattere gli alberi infecondi! Beati anche noi se non ci è di scandalo tanta tenerezza, noi sempre così tentati di seguire chi urla di più, chi mette tutti in riga o esibisce culti perfetti, senz’anima, lontani dal dolore e dalla solitudine dell’uomo!

Alla fine, Gesù tesse pubblicamente l’elogio di Giovanni e ne manifesta al contempo i limiti: è il più grande tra i nati di donna, eppure il più piccolo nel Regno dei cieli. Ha preparato il cammino per giungere alla soglia, ma non ha ancora potuto varcarla. Mai ci viene detto se la risposta inviatagli da Gesù lo abbia convinto.



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