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Auline e il marito poligamo

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Vivo nel quartiere di Panzi, alla periferia di Bukavu. Ho messo al mondo nove figli, di cui tre già morti. Mi rimangono la figlia Maria Teresa e cinque ragazzi. La vita qui è piena di difficoltà. Ho incontrato Jean de Dieu a Goma, sull’altra sponda del lago Kivu, e ci siamo sposati. A quel tempo lui era animatore giovanile in parrocchia.

Mi sento inquieta e turbata

Ci siamo trasferiti a Bukavu a causa del lavoro. Dopo dodici anni di matrimonio, lui cambia “la testa e il cuore”: mi lascia per andare con un’altra donna, commerciante, con tanti soldi. Io non sono commerciante e non sono ricca. Mio marito lo chiamo “materialista”, perché ha cercato una che ha ricchezza, e nel 2000 è diventato poligamo. Sono quindici anni che sono sola, con sei figli. Ogni tanto lui torna a casa ed è una guerra: crea confusione, e tutti noi perdiamo la pace.

È un tradimento della fedeltà che abbiamo promesso davanti all’altare. Mi sento inquieta e al ricordo di quei giorni mi sento turbata.

Mi ha lasciato tanta responsabilità sulle spalle e mi sento tutta sola. Alle volte sono disperata. Anche i figli vedono la sua visita a casa come un brutto evento da evitare. Mi fa sentire una donna da niente. Io non ho soldi; nell’altra casa, invece, trovano tutto.

Io lo accolgo, mi dice che vuole tornare da me, ma poi cambia tutto. Quando viene, non viene con la pace nel cuore, e porta casino in casa. A volte penso che lui e gli altri poligami abbiano uno “spirito satanico”.

Spero che un giorno si converta…

Qualcuno mi consiglia la separazione e il divorzio. Ma no, io mi sento cristiana. Penso e spero che un giorno lui possa ravvedersi e cambiare la sua vita e le sue relazioni. Spero che un giorno il Signore gli dia una coscienza che illumini la sua vita e si converta.

La vita diventa difficile per tutti. I figli sono delusi e vedono che la vita non è come noi la prospettiamo. Si domandano: “È proprio questa la vita, la famiglia che Dio ci ha dato?”. Dico loro di affidarsi a Dio e li incoraggio a seguire la nostra fede. Ho una piccola casa che affittiamo: questo mi dà la possibilità di far studiare i miei figli, e sto molto attenta che i soldi dell’affitto siano dati a me, e non a lui.

Sono ancora giovane e spero di vivere ancora a lungo, soprattutto per i miei figli, ma da sola è davvero difficile. La mia speranza è in Dio. Mi sento inquieta e preoccupata, perché lo vedo perso, non segue più la chiesa e la sua coscienza è tutta da rifare. Molti hanno tentato di dargli buoni consigli, ma senza successo. Non so come sarà il mio futuro, lo metto nelle mani di Dio.

La voglia di ricchezza fa perdere la testa

Qualcuno pensa che in Africa la poligamia favorisce il commercio e la ricchezza: un marito può avere diversi negozi e affidarli a donne diverse, che portano benessere. È vero, c’è anche questo aspetto “commerciale”. Ci sono uomini, come mio marito, che sono “materialisti”: si sono fatti prendere dalle cose della terra e hanno perso la testa.

Mio marito ha una specializzazione: è un bravo meccanico; riparava le grosse macchine dell’impresa delle strade. Non aveva bisogno di altre entrate, e la nostra famiglia poteva vivere in pace con questo lavoro.

Che esempio diamo noi donne alle giovani che si sposano? Voglio dire loro, che siano pazienti. Forse pensano che sposando troveranno bontà e felicità…; poi invece arrivano delusione, disperazione e solitudine. Che siano pazienti e rimangano fedeli.

Che non perdano la fede in Dio: Lui conosce la nostra situazione, conosce i nostri cuori. Che rimangano fedeli e che la pazienza regni nel loro cuore.



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