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Abbiamo un cuore di pietra?

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Tante e tanti hanno risposto il 5 marzo all’invito alla preghiera per le vittime del naufragio di Cutro che si è svolta al Santuario San Guido Maria Conforti con il titolo “Abbiamo un cuore di pietra?”. Voleva essere una pronta risposta all’evento luttuoso che ha coinvolto oltre un centinaio di migranti in fuga dall’Afghanistan: bambine e bambini, donne e uomini. Al momento di andare in stampa sono oltre settanta i corpi senza vita restituiti da quel mare che poteva essere la loro salvezza.

Preparata da un piccolo gruppo riunito da p. Filippo Rondi, è stata una preghiera sobria e inclusiva. Sobria perché libera da troppe parole, con ascolti delle Scritture e di musica strumentale. Inclusiva per il linguaggio scelto e per la presenza di sorelle e fratelli di diverse chiese cristiane (avventista, cattolica, metodista, ortodossa) e di credenti di fede islamica. Ognuno ha partecipato cantando, prestando la voce, formulando intercessioni e adagiando sotto la croce, fatta con i legni dei barconi arrivati a Lampedusa, un lumino per ogni vittima ritrovata.

pr altare croce migrantiNel brano del naufragio di Paolo (At 27 e 28) abbiamo percepito le avversità di una traversata sottoposta ai venti contrari, alle correnti e alle tempeste e, dopo settimane spaventose, un’accoglienza generosa a Malta. Sono le stesse avversità dei viaggi di oggi che però spesso hanno un esito tragico. Come è successo la notte tra il 25 e il 26 febbraio per il barcone partito da Smirne che non ha ricevuto soccorso dai presidi internazionali e nazionali che lo avevano avvistato. Rispondendo al Salmo 68 - Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola. Non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde… - abbiamo chiesto perdono per un sistema intrinsecamente violento che colonizza, sfrutta, impoverisce vaste regioni del mondo e costringe gli abitanti alla fuga. Perdono per quello che non è stato un incidente, ma l’amaro frutto delle politiche di respingimento. Per aver imputato ai migranti la colpa della morte di figlie e figli. Perdono per avere ostacolato i salvataggi in mare delle ong. Per non riconoscere il diritto d’asilo e per non aprire sufficienti canali protetti e sicuri. Perdono perché paghiamo la Libia (e non solo) per impedire le partenze a noi scomode e incentiviamo così le violenze.

Le testimonianze di due giovani siriani ci hanno di nuovo interpellati sulle sciagure che contribuiamo a creare. Al nostro Kyrie eleison risponde il Dio fedele: “Vi darò un cuore nuovo…, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”.



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