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PreFestival "Mission...": Sr. R. Nyirumbe, Intervista

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"L' Africa, l'Europa e le radici ignorate delle migrazioni"

In vista della sua partecipazione al Festival della Missione (sabato 14 ottobre, ore 16), abbiamo rivolto alcune domande a suor Rosemary Nyirumbe.

Ugandese, 60 anni, religiosa della congregazione delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, ostetrica, laureata e con master in Etica dello sviluppo, si dedica da anni alle vittime delle violenze dell'Lra, milizia che dal 1987 semina morte in Africa centrale, in particolare le ragazze sequestrate e fatte schiave sessuali o trasformate in baby soldatesse.

Suor Rosemary, molto nota all'estero già da anni, è conosciuta in Italia grazie soprattutto alla sua autobiografia, Cucire la speranza (EMI).

Il titolo del Festival sarà "Mission is possible". La sua storia è una bella dimostrazione che niente è impossibile a Dio. Ma Dio ha bisogno di uomini e donne che mettano in pratica il Vangelo. Che cosa le dà la forza per fare tutto ciò che ha fatto per le persone più fragili e indifese?

Ciò che mi dà l'energia e la forza per continuare quanto sto operando è la mia fede, la mia comunità religiosa e le mie consorelle che lavorano insieme a me. Ho buoni amici che mi camminano accanto e continuano a incoraggiarmi. Ci sono momenti di gioia e di scoraggiamento, ma una volta che questa situazione è condivisa con altri, diventa un pilastro di forza che mi spinge ad andare avanti con determinazione.

In secondo luogo, mi sento sempre molto più fortunata delle persone con cui opero perché proveniamo dalla medesima situazione caratterizzata da conflitti. Loro però hanno perso genitori e familiari mentre io sono cresciuta con la mia famiglia e non sono stata rapita dai ribelli come è accaduto a questi giovani.
Tutti i diversi scenari a cui sono scampata mi hanno insegnato a vivere la mia vita per queste persone che hanno bisogno di sapere che la vita può essere cambiata in meglio. Devono sapere che il loro futuro non può essere determinato dalla situazione dolorosa che hanno vissuto.

E quale futuro vede invece per l'Africa, continente giovane, con grandi potenzialità, ma alle prese con  problemi cronici come le  violenze etniche, la corruzione, gli squilibri economici...?

Ho speranza in un futuro migliore per l'Africa perché credo che la sua storia possa essere riscritta in una maniera ancora più positiva. La generazione futura può vivere una vita migliore e la mentalità può anche cambiare se si hanno buoni modelli da seguire.
La popolazione africana può avere un domani migliore se tutti cominciamo a concentrarci sulle piccole cose che sono di solito trascurate ma sono ciò di cui la gente ha bisogno per cambiare la propria vita. Questo richiede il coinvolgimento di tutti perché l'Africa è parte di una grande umanità.

Quando l’intero continente africano attraversa conflitti e guerre, tutti noi dobbiamo porci delle domande e cercare risposte. Quali sono le cause di questi conflitti? Che ruolo abbiamo noi? Come si perpetua la situazione sfavorevole in Africa? Come possiamo fermarla? 
Per chiunque non abbia idea di cosa significa vivere in mezzo a una guerra, queste domande sembrano banali e possiamo anche facilmente concludere che i governi africani dovrebbero dare una risposta a tutte questi quesiti. Chi risponde così non fa altro che riecheggiare la risposta di Caino nella Bibbia, ossia che non siamo noi i custodi dei nostri fratelli.
Se ci rendessimo conto di quanto siamo coinvolti direttamente o indirettamente nei conflitti, di quanto siamo implicati nel creare povertà e instabilità, potremmo solo provare a stare insieme per cercare la formula adatta a trasformare in meglio la situazione. I problemi degli immigrati, ad esempio, continueranno a riguardare tutti e per lungo tempo finché non troveremo una soluzione duratura.
 
A questo proposito, in Italia si parla molto di migrazioni e molte persone vorrebbero chiudere le porte a chi arriva dall'Africa, in fuga da guerre e carestie. Può spiegare a noi, italiani distratti e un po' egoisti, perché molti africani scappano verso l'Europa e quali sono le responsabilità di noi europei?

Ho espresso la mia opinione circa la situazione degli immigrati più e più volte, e certamente la mia risposta non è esaustiva, tuttavia cerco di guardare al fenomeno in modo concreto. Riconoscendo il fatto che esiste un limite a tutto ciò che scegliamo come esseri umani, è necessario dare fiducia ai paesi europei che hanno accolto immigrati e rifugiati in tutti questi anni.
Ma quando i migranti vengono accolti, i paesi ospitanti devono cercare una soluzione a lungo termine e preparare queste persone a tornare a casa un giorno. C'è bisogno di trovare quindi una soluzione immediata e una duratura. Dobbiamo dare a queste persone la possibilità di imparare a provvedere se stessi e alle loro famiglie per offrire loro un futuro.
Non c’è motivo di rifiutare le persone che sono costrette a lasciare i loro paesi di origine per salvarsi raggiungendo Europa. È ingiusto chiudere le porte alle persone che hanno bisogno di sicurezza mentre fuggono dai loro paesi. In Uganda stiamo accogliendo tanti rifugiati dal Sud Sudan e la gente è pronta a condividere con loro quel poco di cui dispongono in questo momento di emergenza. Credo che l'Europa e l'Italia abbiano maggiori possibilità di accogliere le persone che fuggono. Se è vero che il dibattito in Europa porta alcuni ad affermare che gli stranieri dovrebbero essere aiutati nel loro paese di origine - e io sono pienamente d'accordo -  deve essere vero anche che dovrebbero essere attuate soluzioni concrete per migliorare le condizioni di vita nei paesi di provenienza.

Mi piace la metafora di un albero che cresce perché talvolta, mentre cresce, può rivelare chiaramente che qualcuno si prende cura di lui. Le sue radici possono crescere sempre più forti e più in profondità se è curato. Lo stato delle radici condiziona quanto l’albero può crescere bene e rapidamente.  Dov'è la radice di tutti i problemi in Africa? Spesso non siamo pronti a discutere delle radici che soggiacciono ai problemi. Non dimentichiamoci che i rami continueranno a crescere comunque. Se la situazione che spinge le persone a fuggire dai loro paesi ha una radice profonda piantata da qualche parte su un suolo sano, questa situazione può solo peggiorare se la radice che causa problemi non viene tagliata o eliminata. Le persone continueranno a fuggire dai loro paesi, a meno che non si agisca alla radice del problema.
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Ancora una volta mi chiedo: dov’è la radice del problema degli immigrati?

Pubblicato il 23 Agosto 2017 - "Festival della Missione"

 



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