Fratel Gino Masseroni. Un anno dopo, nel cuore di tutti.
Fratel Gino Masseroni. Un anno è trascorso dalla sua partenza da questa terra.
Giovedì 18 marzo 2021, nella chiesa della Madonna Missionaria a Macomer, l’abbiamo ricordato con una messa, presieduta dal Vescovo di Alghero-Bosa Mons. Mauro Maria Morfino e concelebrata dal padre Regionale Rosario Giannattasio, dal segretario del vescovo Don Gianpiero Piras, da alcuni padri Saveriani della comunità di Cagliari, da padre Andrea Rossi e da don Cristian Sanna che curano la parrocchia.
Padre Rosario, presentando fratel Gino ai presenti (più di cento persone) ha ricordato che è morto all’età di 90 anni. “Ha lavorato in Brasile per 12 anni. Operava nella formazione, silenzioso e attento agli altri, con una grande capacità di fare amicizia: diceva che aveva ricevuto molto dai fratelli brasiliani. Era un religioso sereno. Al suo ritorno in Italia si era messo al servizio del noviziato. Aveva una grande capacità di correggersi e di correggere. Sempre sorridente, era icona della gentilezza e dell’accoglienza.
Venendo a Macomer, si è dedicato soprattutto agli anziani, ai benefattori e ha trovato ogni occasione per parlare del Brasile. Insomma un missionario speciale, un uomo prezioso, che viveva la santità nel quotidiano. Cercava di fare sentire a proprio agio chi veniva nella Casa Saveriana.
Questa sua serenità veniva da una vita di preghiera - la prima attività del missionario - e di ascolto della Parola di Dio. Negli ultimi mesi in Casa Madre a Parma si mise al servizio nel rispondere ai benefattori”.
Ciascuno di noi, sicuramente, ha dei particolari da aggiungere, avendo avuto la gioia di dialogare con lui e di apprezzare la sua umanità e spiritualità. Dopo la lettura e ascolto della parola di Dio, il vescovo Mons. Mauro, partendo dal ritornello del salmo “Beato chi abita nella tua casa, Signore, senza fine canta le tue lodi”, ha messo insieme San Giuseppe e fratel Gino: si potrebbe dire, forzando il paragone, che sembravano due gocce d’acqua, ognuno con la sua lucentezza.
“Oggi “, e qui si vede anche la sua commozione nel parlare, “stiamo facendo memoria grata di un uomo che ci ha voluto bene e a cui abbiamo voluto bene. Fratel Gino ha abitato beatamente la casa del Signore. Ha conosciuto la serenità e la gioia. Vediamo che Giuseppe, uomo giusto, non vuole mettersi trasversalmente al progetto di Dio. Infatti, attraverso il sogno, ascolta e cerca di stare nel progetto di Dio, perché ha fiducia in Lui. Ascolta e ha un’attenzione reale verso Dio che lo aiuta a non continuare il suo progetto, ma ad accettare un progetto alternativo (come sempre succede ai missionari, quando il superiore chiede di lasciare un luogo dove si è lavorato per andare altrove) che è poi la vocazione alla quale è stato chiamato. Da un progetto di amore, Giuseppe cerca di capire cosa Dio vuole, e continua a prendersi cura di Maria (come ci ricorda spesso papa Francesco). E allora cosa significa, nella concretezza della nostra vita di oggi, prendersi cura? Lui lo fa per quella realtà che nasce da Maria: Gesù, e ne diventa il Custode. Custodire diventa possibile attraverso la stabilizzazione di una situazione, (nutrita dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio) dentro il progetto di Dio. E’ un amore per sempre. Non si ama ad alternanza. Dio ci ama sempre. Pregare, non dimentichiamolo, è indispensabile per vivere, come il mangiare. Aiuta a respirare la bella aria di Dio. E’ l’immagine gioiosa di un abitatore che ha abitato la casa di Dio.
Questo, in sintesi, era fratel Gino, e si prendeva cura di chiunque bussasse alla porta. La Casa Saveriana è stata custodita dalla sua presenza serena, in stretto contatto con Dio, da amico ad amico per sempre”.
Anche queste parole del Vescovo ci hanno scaldato il cuore e ci hanno fatto capire che è nelle piccole cose, che sembrano poco importanti, che si vede concretamente l’amore di Dio. E di questo, insieme a quelli che hanno avuto la gioia di conoscerlo e di frequentarlo, diciamo un grande grazie a fratel Gino e gli chiediamo di pregare per noi, soprattutto in questo periodo di pandemia, in cui la fede, la speranza e la carità sono messe a dura prova.