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Casa Regionale

Parma



Presentazione

Il 15 Novembre 1895 fu aperta dal nostro Fondatore - San Guido M. Conforti - la prima Casa dell’Istituto a Borgo del Leon d’Oro 12, Parma dove furono accolti i primi 17 alunni.

Oggi, i Saveriani della Casa Madre di Parma, attraverso l'azione di animazione missionaria e vocazionale, della formazione e di altri servizi si pone l'obiettivo di far crescere il senso della missione all'interno della realtà ecclesiale in cui si trova fino a suscitare l'adesione di singoli e di gruppi all'attività di annuncio del Vangelo.

In realtà, la nostra Casa Madre ospita diverse comunità, ciascuna con la sua funzione specifica:

1. LA COMUNITÀ DELLA DIREZIONE REGIONALE

Questa comunità è al servizio di tutte le case saveriane d'Italia dirigendo, coordinando ed incoraggiando ciascuna delle nostre comunità nella sua presenza missionaria. Questo è fatto anche attraverso i segratariati e comissioni di: Animazione Missionaria e Vocazionale, Formazione, CORAE, Comissione "Ad Gentes in Italia", Comissione Anziani ed Ammalati e la Comissione Culturale Missionaria.

2. LO "STUDENTATO TEOLOGICO INTERNAZIONALE"

Parma è sede di una delle quattro Teologie Internazionali dei Missionari Saveriani. Le altre si trovano a Manila (Filippine), Città del Messico (Messico) e Yaundé (Camerun).

parma-studenti.jpgI giovani che sono tra di noi vengono da vari paesi di tutti i continenti (Camerun, Indonesia, Messico, Burundi, Brasile, ecc) formando così una vera comunità internazionale.

Che cosa stiamo facendo? Ci impegnamo principalmente nel percorso di studi di Teologia, ultima tappa per diventare un prete-missionario. Ma, non solo la teologia. Stiamo imparando anche la cultura e la lingua italiana, e la formazione per diventare missionari "ad gentes", aperti al mondo. Per quello, la nostra attività non è sola qui in casa, ma anche fuori: nelle parrocchie, nella periferia della città, all’università, in collaborazione anche con altre religioni presenti qui a Parma.

3. LA “COMUNITÀ DELLA CASA MADRE” PROPRIAMENTE DETTA

Quest'altra comunità offre una varietà di servizi nelle Parrocchie della Diocesi di Parma: ministero, animazione missionaria e vocazionale, mostre, incontri e dibattiti su tematiche missionarie, ecc. La nostra comunità si rivolge dunque alla chiesa diocesana, alle parrocchie, ai gruppi missionari, alle scuole e alle università, ai gruppi di solidarietà, ai poveri.

Una novità di questi ultimi anni è la pastorale dei migranti in collaborazione con la Diocesi di Parma e che comporta attività come: catecumenato, cura delle comunità cattoliche di immigrante (gruppi linguistici), feste particolari del mondo, incontri con studenti universitari stranieri. Collaboriamo con il Centro Missionario Diocesano, la Caritas e il settimanale diocesano "Vita Nuova".

Un altro aspetto particolare della nostra apertura è l'accoglienza di gruppi nella nostra Casa Madre: dialogo ecumenico ed inter-religioso, gruppi etnici e gruppi parrocchiali.

PARTE INTEGRANTE DELLA CASA MADRE SONO:

  • Il Santuario San Guido Maria Conforti e "Memorie Confortiane". Info, scarica La Guida del Santuario e Memorie.
  • La Biblioteca Saveriana Conforti, che raccoglie ed offre al pubblico - oltre che a tutti i saveriani per la loro formazione permanente - un materiale molto ricco di teologia, studio delle culture e delle religioni, studi sociali, ecc. - Tel. 0521.920.511 – Visita sito Biblioteca Conforti
  • Il Museo d'Arte Cinese ed Etnografico: inaugurato il 1° Dicembre 2012, il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico ha subito una radicale e ambiziosa ristrutturazione, un investimento nel campo della cultura che ha come target privilegiato visitatori e scuole di ogni genere e grado. Il museo vuole sottolineare la vitalità, anche contemporanea, delle culture che vi sono rappresentate.  – Visita sito Museo Cinese, Etn. 
  • Il Centro Studi Confortiani Saveriani (CSCS), che promuove ricerche ed indagini sul pensiero confortiano e sulla storia saveriana.

Africa: povertà e scarsa conoscenza della religione favoriscono l’estremismo islamico

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Un rapporto Onu lancia l'allarme: il radicalismo islamico miete vittime nel continente nero e attrae soprattutto i giovani.

Quali rimedi e quali soluzioni?

L'azione di Boko Haram, le riposte della società civile , l'impegno delle comunità cattoliche per costruire la convivenza ed emarginare chi propaga ideologie violente.

Sono 33.000 le persone uccise in Africa tra il 2011 e il 2016 da gruppi armati la cui ideologia si fonda sull’estremismo religioso. Lo afferma un rapporto dell’UNDP (United Nations Development Programme) intitolato Journey to Extremism, basato su interviste a 718 persone, delle quali 495 hanno fatto parte o addirittura in pochi casi ancora facevano ancora parte di organizzazioni estremiste, avendovi aderito di loro spontanea volontà. Altri 78 intervistati sono invece stati costretti con la forza ad arruolarsi. Infine 145 intervistati sono persone “neutre”.

Le interviste sono state effettuate in Camerun, Kenya, Niger, Nigeria, Somalia e Sudan. Secondo il rapporto la radicalizzazione degli individui può avere molteplici cause, spesso concomitanti: sentimento di emarginazione sociale ed etnica; anafalbetismo e disoccupazione; influenza di predicatori estremisti che fanno leva sulla scarsa conoscenza dei giovani dei veri precetti della loro religione; impatto delle politiche repressive del governo, che invece di risolvere il problema li aggrava.

Paradossalmente la crescita economica registrata in alcuni Paesi africani, come ad esempio la Nigeria, ha esacerbato la divisione tra un centro relativamente prospero e le aree periferiche lasciate in condizioni indigenti. 

La maggior parte degli intervistati proviene inoltre da ambienti in cui i livelli complessivi di alfabetizzazione e di istruzione sono bassi. Il 56% degli intervistati ha scelto la religione come motivo di adesione. Tuttavia, ben il 57% degli intervistati ha ammesso anche di avere “una conoscenza limitata o perfino inesistente” di testi religiosi. Coloro invece che vantano diversi anni di istruzione religiosa superiore a quella media sono meno influenzati dalla propaganda dei gruppi estremisti e non manifestano l’intenzione di aderirvi.

Il ruolo dell’educazione sia religiosa, sia laica, riveste quindi un’importanza cruciale per impedire la radicalizzazione dei giovani, o per convincere coloro che hanno aderito ad un gruppo estremistico ad abbandonarlo.

Povertà e radicalizzazione

Il fattore economico è un altro elemento che spinge i giovani a radicalizzarsi. “L'occupazione è la necessità immediata più citata al momento dell'adesione ad un gruppo estremista” afferma il rapporto. Gli individui che hanno aderito, ma hanno studiato o hanno un lavoro al momento dell'adesione all'organizzazione, hanno impiegato più tempo per prendere la decisione di aderire, rispetto a coloro che avevano un lavoro precario o erano disoccupati”. L’adesione ad un’organizzazione estremista, però, non è una garanzia di vedersi attribuire uno stipendio certo “Alcuni degli intervistati – afferma il rapporto Onu – sono stati pagati al di sopra della media locale, mentre almeno il 35% non è stato pagato affatto durante il loro periodo di adesione”.

Tuttavia, la disaffezione nei confronti del governo è il fattore più citato da coloro che hanno aderito volontariamente ad una formazione terrorista. Diversi degli intervistati citano fattori quali: il convincimento che il governo si occupa solo degli interessi di pochi; il basso livello di fiducia nelle autorità governative; la corruzione dei funzionari. Esiste comunque un “evento scatenante” che spinge con forza gli individui a rischio (disoccupati, provenienti da un ambiente familiare difficile, ecc…) a intraprendere il passo di unirsi ad un gruppo violento. Tra gli intervistati del gruppo volontario, il 71% ha indicato in una “l'azione governativa”, come “l’uccisione o l’arresto di un familiare o di un amico” l'incidente o l’episodio che lo ha spinto ad unirsi alla formazione estremista.

Sono quindi controproducenti le violenze indiscriminate commesse dalle forze dell’ordine nei confronti di popolazioni che sono i bacini di reclutamento di formazioni radicali, come Boko Haram.

africa logoL’adesione dei giovani

Patrick Tor Alumuku, Direttore delle Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Abuja, capitale della Nigeria, esprime una valutazione sui fattori presentati dal rapporto che spingono un giovane ad arruolarsi in un gruppo terroristico: “Posso parlare solo dell’esperienza nigeriana relativamente a Boko Haram” precisa il sacerdote.

“Se è vero che vi sono stati episodi di violenza contro i civili da parte dell’esercito, non mi sembra la motivazione principale dell’adesione di un giovane a Boko Haram sia la violenza subita da lui o dalla sua famiglia da parte dei militari. È invece vero il contrario. È Boko Haram che ha causato gravi lutti e danni immensi alla popolazione, tanto è vero che quando i militari hanno cacciato gli uomini di Boko Haram dalle zone che controllavano, i soldati sono stati accolti come liberatori”, rileva Patrick Tor Alumuku.

“Concordo invece che il fattore economico sia una motivazione importante per il reclutamento. La maggior parte delle reclute di Boko Haram sono ragazzi disoccupati, provenienti da ambienti molto poveri. Entrando nel gruppo ricevono tre pasti al giorno e uno stipendio minimo, che comunque non avevano prima”.

Il direttore ricorda che le disponibilità economica di Boko Haram sono un fattore che va tenuto in considerazione. “Sappiamo che i finanziamenti a Boko Haram provengono da alcuni Stati arabi per mezzo di Al Qaida nel Maghreb Islamico (AQMI) che, attraverso il Sahara trasferisce nel nord della Nigeria, fondi, armi e autoveicoli nuovissimi. Su questi traffici si deve ancora indagare a fondo” conclude il sacerdote. 

I jihadisti di Boko Haram

Boko Haram (da una locuzione di lingua hausa che letteralmente significa “l'istruzione occidentale è proibita”) è un'organizzazione terroristica jihadista sunnita (di orientamento salafita) diffusa nel nord della Nigeria, che si è proclamata alleata con lo Stato Islamico.
Il gruppo viene fondato da Ustaz Mohammed Yusuf nel 2002 nella città di Maiduguri con l'idea di instaurare uno stato islamico in Nigeria, con la sharia come base del sistema legale.

L’iniziale reclutamento è avvenuto propagando una ideologia che collegava l'inefficienza del governo e l'influenza occidentale sulla cultura nigeriana. Il gruppo ha continuato a crescere ed aumentare la sua capacità operativa, lanciando nel 2011 una serie di attacchi terroristici in diverse città della Nigeria e di omicidi mirati di personalità politiche e religiose. La scia di attentati e massacri è arrivata a portare il paese in una sorta di guerra civile.

Nell'aprile 2014, Boko Haram ha rapito 276 ragazze a Chibok in Borno. Oltre cinquanta di esse sono riuscite a scappare, ma le rimanenti non sono state rilasciate. Il gruppo ha esteso la sua attività in Camerun e, nel 2015, una coalizione delle forze militari della Nigeria, del Ciad, del Camerun e del Niger ha cominciato una controffensiva all'insurrezione di Boko Haram.

Il gruppo continua a mietere vittime oggi: almeno 381 civili sono rimasti uccisi nella nuova campagna di attentati suicidi lanciata da Boko Haram in Camerun e Nigeria dall’aprile 2017, ha denunciato Amnesty International. L’Ong aggiunge che milioni di persone hanno bisogno di urgente assistenza umanitaria e di protezione, poiché gli attentati e la crescente insicurezza ostacolano la fornitura degli aiuti.

L'aumento delle vittime civili nella regione camerunense dell’estremo nord e negli Stati nigeriani di Borno e Adamawa è dovuto al maggiore ricorso agli attentati suicidi. “Boko Haram sta compiendo crimini di guerra su vasta scala con una terribile strategia: costringe giovani donne a farsi esplodere con l’obiettivo di uccidere il maggior numero di persone" ha detto Alioune Tine, direttore di Amnesty per l’Africa occidentale e centrale.


di Luca Mainoldi * Omnis Terra.


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