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Il Marocco è vicino?… Cronaca di un viaggio speciale

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Alcuni di voi mi hanno chiesto di inviare le prime impressioni vissute qui in Marocco, durante il viaggio [del 12-15 dicembre] che ha avuto lo scopo incominciare a pensare se e in che modo potrebbe essere possibile una presenza saveriana, e, perché no, laicale saveriana qui. Evidentemente sono solo impressioni, avremo modo di elaborarle e “digerirle” al rientro, ma possono rendere l’idea.

Come sapete i padri sono stati invitati dal vescovo per aprire qui a Tangeri, nel nord; durante il loro capitolo generale si è dato mandato alle regioni di Italia e Spagna per valutare la fattibilità della cosa. Certo, ci vuole coraggio in tempi di chiusure di case e di progressivo invecchiamento del personale, a prendere in considerazione di lanciarsi in una nuova avventura: ma i saveriani sono così, se no non ci piacerebbero così tanto.

12 dicembre 2018

E così mi ritrovo, io con due regionali (Italia e Spagna) e il vice generale, ospite in un vescovado e in giro per case religiose. E devo sempre chiarire che sono si padre ma di due figli e nonno di cinque nipoti. Ma tant’è: questo è il bello della missione.

Allora alcune primi flash:

– in Marocco non ci sono, per legge, cristiani marocchini. I cristiani presenti sono espatriati o dall’Africa sub-sahariana o dall’Europa.

– questa zona è stata fino all’indipendenza protettorato spagnolo e pertanto, malgrado le lingue ufficiali del Marocco siano il francese e l’arabo, visto che la stragrande maggioranza degli espatriati è di origine spagnola, la chiesa di Tangeri parla in spagnolo. Il vescovo, e praticamente tutte le comunità religiose presenti, sono di origine spagnola e pertanto messa, breviario, e chiacchiere sono in spagnolo.

– anche qui, come in Algeria e in altre parti del nord-Africa, la chiesa, così minoritaria, ha deciso di non richiudersi nelle sue mura, ma di aprirsi totalmente alla società, lavorando attivamente con le persone del posto, per cercare di aiutare le parti della società più in difficoltà. Non si può parlare, fare proselitismo, non ci sono catecumeni ne’ conversioni, ma si può testimoniare nei fatti sia la “carità che ci spinge” sia che si può essere “una sola famiglia”

Allora abbiamo incontrato in due soli giorni, tante esperienze, dall’insegnamento ai bimbi sordi, al doposcuola per bambini figli di mamme sole, spesso rigettate dalla famiglia e dalla società, all’accoglienza di ragazzine inviate dal tribunale, a tante iniziative per i migranti “sans papiers” e pertanto ricercati dalla polizia per riportarli al sud del paese.

Altra caratteristica che ci ha fatto pensare: diverse di queste esperienze sono fatte da più famiglie religiose diverse, e a volte si sono formate comunità intercongregazionali: sono avanti, vero?

Per stasera mi fermo qui, con un’ultima reflessione che mi ha confidato Rosario: se si potrà venire, dovremo farlo a mani vuote, perché abbiamo molto di più da imparare da questa chiesa che da insegnare.

14 dicembre 2018

Ancora una giornata in giro a visitare comunità cristiane, sempre in spagnolo, in due cittadine sull’atlantico, a sud di Tangeri. Posti belli, anche molto turistici, che non abbiamo potuto gustare appieno per la pioggia che è caduta inclemente tutta la giornata. E ancora lo stupore e l’ammirazione per la dedizione perseverante e senza riserve di queste persone in condizione di minoranza addirittura marginale, verso donne in difficoltà, bambini da proteggere, studenti da accompagnare con biblioteche o lezioni di lingua.

Ma la domanda che aleggia fra di noi è: tante di queste cose si possono (e forse si devono) fare anche in Italia, allora perché venire a farle in Marocco?

E ritornano alla mente i temi della missione nella debolezza, del “piccolo resto” di Isaia, della possibile testimonianza silenziosa e fattiva dell’amore di Dio, del bisogno concreto di amicizia e vicinanza, al di là degli steccati che tante volte noi stessi abbiamo costruito e che ora forse vengono costruiti dal radicalismo religioso, ma non dalla maggioranza del popolo. Alla beatificazione dei 19 martiri di Algeria è stato detto: “il dialogo e persino l’amicizia con i mussulmani sono un cammino di santità per l’oggi”: pensiamoci seriamente.

15 dicembre 2018

Sono nell’aeroporto di Tangeri in attesa del volo che ci riporterà in Italia, ultime considerazioni.

Ieri abbiamo incontrato la comunità delle carmelitane, suore di clausura, presenti da tempo qui. È un gruppo di tante nazionalità (c’è anche un’italiana) alcune giovani, sorridenti e allegre. Dopo il the di rito, e su richiesta nostra, ci hanno spiegato l’importanza di una presenza contemplativa, apprezzata e riconosciuta anche dai mussulmani.

Certo le difficoltà non mancano ma riescono a ridere dei piccoli dispetti che qualcuno fa loro, (spazzatura gettata nel cortile, giardino distrutto, ecc.) sottolineando piuttosto i gesti gentili o i piccoli regali che ricevono. Davvero ci ha impressionato il valore che ha questa presenza di preghiera, in mezzo ad un popolo che prega cinque volte al giorno.

Come diceva Bonhoeffer in certi momenti (aggiungo anche in certi posti) non resta che pregare e fare opere di giustizia.

Questa mattina ci siamo poi ritrovati per condividere le impressioni ed è stato bello verificare che ciò che ci ha colpito sono le stesse cose: questa chiesa in uscita, il bisogno di mescolarsi con la popolazione locale, l’attenzione ai gruppi più marginali e in particolare le donne e i loro bimbi, la capacità delle congregazioni di lavorare insieme e a volte in comunità intercongregazionali, ecc.

Ora si rientra, e bisogna fare “discernimento “...



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