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È sempre là sotto il muro di cinta del grande collegio di gesuiti che ospita più di tre mila scolari.

Vive notte e giorno in quei due metri quadrati. Sopporta il freddo della notte e il caldo del giorno, subisce la pioggia e i raggi del sole, si copre di fango o di polvere secondo le stagioni. Davanti a lui c’è la strada che conduce al quartiere più nobile e ricca della città. 

Vi passano macchine e pedoni, signori e domestici, adulti e scolari, preti e religiose.

Si chiama Ciza. E’ giovane tra i venti e i trenta anni, veste stracci, non disturba nessuno.

Samantha, una giovane volontaria francese, dopo alcuni tentativi per ospitarlo in uno stabile per ragazzi di strada, diceva che era irricuperabile. Ricoverato, lavato, curato, fuggiva.

Su questa strada passo anch’io più volte la settimana. Al mattino lo scorgo rannicchiato come un sacco di spazzatura; di giorno, lo vedo, a volte seduto e assente, altre volte desto e pronto a salutare. Mi riconosce da lontano, mi fa un cenno, si avvicina al finestrino e attende senza dire una parola… Gli passo qualche cosa della spesa oppure una piccola somma raccomandando di non spenderla per alcolici. Il dialogo si riduce a qualche monosillabo.

I motards, i motociclisti taxi della città, seduti sui loro mezzi di spostamento, ripetutamente fanno campanello attorno a lui e lo soccorrono.

Due infermiere volontarie, Lucia e Mariuccia, e io abbiamo programmato un nostro intervento per portarlo a casa per qualche ora. Ma l’iniziativa non è andata in porto.

Con Jeanette, una religiosa, ho stabilito un accordo, con la direzione del centro malati mentali di Bukavu, per l’invio di tre infermieri per il suo ricovero.

Ne ho parlato alla comunità ma il se e i ma…non sono mancanti: la famiglia deve esser avvertita, l’autorità medica lo deve sapere, lo straniero che interviene è una occasione per fare soldi, e poi… la storia sarà lunga.

Papa Francesco direbbe: “Il bene non va congelato, se non lo fai oggi, domani non ci sarà…”.

Mio papà ha lasciato scritto nel suo testamentò: “Fai del bene e lo troverai”.

Ciza è ancora là, in quei due metri quadrati, sotto il muro del più grande collegio ed è il Lazzaro del Vangelo.

GIUSEPPE DOVIGO.

Bukavu, 26 settembre 2016 - Lettera n. 157.



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