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Una ventata di sfiducia sembra abbattersi sul sogno europeo. Il percorso nato sessant’anni fa sulle macerie della guerra mondiale grazie alla visione dei padri fondatori e alla tenacia di molti cittadini europei rischia di perdersi di fronte alla crisi economica, all’inceppamento dei sistemi politici, all’afflusso migratorio, alla rinascita di nazionalismi e localismi esasperati, all’affermarsi di partiti e movimenti populisti.

Ma quel sogno non si è spento – affermano, ciascuno secondo la sua prospettiva, gli autori di questo dossier – perché ancora vive sono le ragioni che l’hanno generato.

Che sono di due ordini diversi e complementari: un’aspirazione ideale alla fratellanza e amicizia che assicuri pace e sicurezza (obiettivo largamente raggiunto, almeno per quanto riguarda l’Europa occidentale), un’integrazione economica che consenta di affrontare le sfide della globalizzazione (di cui l’introduzione dell’euro è la testimonianza più efficace).

Ma questa doppia serie di fattori da sola non è più sufficiente a sostenere l’edificio con tanti sforzi sin qui costruito, se i cittadini non si convinceranno che la realizzazione di un’Europa politica, che superi la finanza e i mercati, è l’unica prospettiva per ogni reale progresso sociale, civile ed economico.

Ci saranno ancora persone disposte a sognarlo?

Il ruolo delle Chiese e delle comunità religiose in questo processo – ci ricorda mons. Pero Sudar – non può essere sottovalutato: in particolare per quanto riguarda la gestione di situazioni di post-conflitto, la prevenzione di conflitti, la promozione della pace e della riconciliazione.



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