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DON MILANI. UN INVITO A SVEGLIARCI

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Il 27 maggio 2023 Don Milani avrebbe compiuto cent’anni. “Missione Oggi” ne ricorda l’insegnamento pastorale e missionario specialmente contenuto in Esperienze pastorali, dove appare anche la “Lettera dall’oltretomba – riservata e segretissima – ai missionari cinesi”, scritta proprio nell’anno – 1954 – in cui l’ultimo missionario saveriano italiano veniva espulso dalla Cina di Mao – il più significativo laboratorio missionario della prima metà del Novecento –, dove la Chiesa cattolica, dopo il Primo Concilio Plenario Sinico del 1924, stava sperimentando il passaggio dalle “Missioni estere” alla “Chiesa locale”. Don Milani scrisse quella lettera per lettori contemporanei in grado di scrutare i segni dei tempi oltre la fine della “cristianità” occidentale, che, a motivo delle sue secolari connivenze con i poteri economici e politici, aveva spento la profeticità evangelica della Chiesa, allontanandola dai poveri. Per questo il priore di Barbiana si rivolse ai missionari cinesi, figli di una Chiesa martire e perseguitata, che si sarebbero trovati ad evangelizzare un’Italia ed un’Europa post-cristiane. 

La lettera è sorprendentemente attuale, soprattutto con il pontificato di Francesco, che ha ridato fiato al Vangelo nella Chiesa e la parola ai poveri. Ma la sorpresa è ancor maggiore se si legge la dedica di Esperienze pastorali: “Questo lavoro è dedicato ai missionari cinesi del vicariato apostolico dell’Etruria, perché contemplando i ruderi del nostro campanile e domandandosi il perché della pesante mano di Dio su di noi, abbiano dalla nostra stessa confessione esauriente risposta. Lui solo vogliamo dunque ringraziare della nostra giusta condanna che ad essi ha dato occasione di eterna salvezza. Se dunque da questa umile opera potranno per il loro ministero trovare ammaestramento, non manchino di pregare in cinese il Cristo misericordioso perché dei nostri errori, di cui siamo stati a un tempo vittime ed autori, voglia misericordiosamente abbreviarci la pena”. 

Per convincersi dell’attualità della lezione missionaria di Don Milani, basta scorrere il testo quasi integrale della lettera: «Cari e venerati fratelli, voi certo non vi saprete capacitare come prima di cadere noi non abbiamo messa la scure alla radice dell’ingiustizia sociale. È stato l’amore dell’“ordine” che ci ha accecato. [...] Non abbiamo odiato i poveri come la storia dirà di noi. Abbiamo solo dormito. È nel dormiveglia che abbiamo fornicato col liberalismo di De Gasperi, coi congressi eucaristici di Franco. Ci pareva che la loro prudenza ci potesse salvare. [...] Quando ci siamo svegliati era troppo tardi. I poveri erano già partiti senza di noi. [...] Insegnando ai piccoli catecumeni bianchi la storia del lontano 2000 non parlate loro dunque del nostro martirio. Dite loro solo che siamo morti e che ne ringraziamo Dio. Troppe estranee cause con quella del Cristo abbiamo mescolato. Essere uccisi dai poveri non è un glorioso martirio. Saprà il Cristo rimediare alla nostra inettitudine. È lui che ha posto nel cuore dei poveri la sete della giustizia. Lui dunque dovranno ben ritrovare insieme con lei quando avranno distrutto i suoi templi, sbugiardati i suoi assonnati sacerdoti. A voi missionari cinesi figlioli dei martiri il nostro augurio affettuoso. Un povero sacerdote bianco della fine del secondo millennio». A quasi settant’anni di distanza, dobbiamo confessare che forse non siamo ancora usciti dal lungo dormiveglia di un cristianesimo e di una Chiesa che, non lasciandosi disturbare dal prossimo, dallo straniero e dall’altro, faticano a ritrovare Cristo.



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