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Il 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte delle Nazioni Unite (10 dicembre 1948) ha offerto molti spunti di riflessione sulla loro origine, sulla loro estensione (universalità) e applicazione oggi. Nati sulla scia della riflessione filosofica avviata dall’illuminismo, l’urgenza di garantire i diritti umani dopo le catastrofi di due guerre mondiali è stata avvertita da vasti settori dell’opinione pubblica occidentale, che hanno portato a trattati internazionali vincolanti nel corso dei decenni seguenti. Ma la loro stessa origine concettuale, filosofica e politica, prettamente “occidentale”, può rappresentare un ostacolo al loro universale riconoscimento, soprattutto in ambiti geografici e culturali come quello asiatico e africano, dove la struttura sociale è tradizionalmente assai diversa da quella occidentale. Basti considerare il profilo di alcune tradizioni religiose, in cui il rapporto tra l’umano e il divino può assumere forme totalitarie e assolutistiche. Sono soprattutto queste due ultime considerazioni a guidare le osservazioni offerte al lettore da questo dossier: i diritti umani sono tradizionalmente riferiti agli individui, ma che cosa succede nelle società in cui prevale la dimensione comunitaria, come in alcuni paesi asiatici? E ancora, se la divinità domina l’essere umano, quali “diritti” potrà mai rivendicare quest’ultimo? Infine, chi rifiuta una certa nozione occidentale di “diritto umano”, accusando di ipocrisia i paesi che ne sono stati promotori, a causa del loro comportamento pratico, non ha forse qualche fondata ragione?



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