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COMO / UNA PARROCCHIA DI CONFINE AL SERVIZIO DEI RIFUGIATI

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Dal 2011, da quando sono rientrato dal servizio missionario Fidei Donum dal Camerun,   sono parroco in periferia a Como in un quartiere popolare di circa settemila abitanti.      
Il numero dei morti è il doppio rispetto ai nati. Alcuni condominii sembrano case di riposo. Gli stranieri sono circa 1.500, tra quelli di antica e di nuova data di arrivo, in genere giovani. La Svizzera è vicina ed è la destinazione giornaliera di tanti migranti comaschi.         
Prevale la cultura dell’appartamento, con la brutta abitudine di tante famiglie di isolarsi, con i regolamenti di condominio che impediscono di mettere le panchine “sotto” casa per non disturbare. Per fortuna c’è un bel gruppo di famiglie giovani che, grazie ai propri figli, cresce nella fede, negli itinerari catecumenali.

I “MESSAGGERI”, GLI INCONTRI, LE FESTE

Di fronte a questa situazione sommariamente tracciata sin dagli inizi ci siamo chiesti in Consiglio pastorale come muoverci per arrivare a tutti e perché siano in tanti a muoversi.

La parrocchia è stata suddivisa in dodici zone con i “messaggeri” che visitano sei/sette volte all’anno tutte le famiglie per portare il bollettino parrocchiale e soprattutto con l’obiettivo di incontrare gli abitanti.

Tre volte all’anno ci si incontra per pregare e riflettere con i vicini di casa, i ministri della comunione per i malati e anziani aumentano ogni anno.

Le numerose feste comunitarie sia “tradizionali” sia “nuove” hanno l’obiettivo di far uscire di casa, conoscersi, ritrovarsi ecc. L’oratorio è punto di incontro di tutti, senza distinzione, e vede un continuo passaggio di persone di età, religione ed etnie differenti.

FAR VISITA E ACCOGLIERE

Da quattro anni abbiamo fatto la scelta di educatori d’oratorio “assunti” dalla Parrocchia come “ministri” della pastorale giovanile di tutto il quartiere. Oltre al sacerdote che riceve un contributo economico, la parrocchia, a seconda dei suoi bisogni, è chiamata a sostenere economicamente tutti i ministeri.

Il cine-teatro parrocchiale accoglie spettacoli della filodrammatica dialettale locale del gruppo bandistico, il recital dei giovani, le feste tradizionali e religiose delle comunità turche, libanesi, sri-lankesi, dei burkinabé, romene, congolesi ecc. L’oratorio è anche luogo di ritrovo per uomini e donne che si aiutano ad uscire dalle dipendenze dall’alcol, dal gioco, dal cibo e dai narcotici. In sintesi le dinamiche che si cercano di vivere in parrocchia sono due: far visita e accogliere.

COMO “CITTÀ DI FRONTIERA”

Il mese di luglio 2016 ha segnato la città di Como come “città di frontiera”. Da quei giorni fino ad oggi il flusso di migranti non si è mai interrotto. La stazione ferroviaria di San Giovanni era diventata un grande “ospedale da campo”, di libero accesso a tutti e ad ogni ora, in cui sino a seicento persone che dormivano all’addiaccio hanno potuto incontrare cittadini comaschi e svizzeri disponibili a conoscere, orientare, aiutare, creare relazioni, curare, pregare insieme. Mi è venuta spesso alla mente l’immagine di Gesù che vede una folla disorientata, “come pecore senza pastore”, e allora si mette a insegnare, orientare.

In seguito il governo ha predisposto un campo chiuso in cui i migranti in transito possono ricevere risposte unicamente di tipo assistenziale, ma non relazionali.

UNA PARROCCHIIA CHE È UN LUOGO DI PASSAGGIO

Sin dagli inizi dell’emergenza la nostra parrocchia è diventata a sua volta punto di passaggio di tanti migranti e di tanti cittadini italiani e svizzeri le cui storie si incontrano in una relazione di conoscenza, di cura, di orientamento giuridico-legale, di apprendimento scolastico, di formazione professionale e di ricerca di lavoro. Tante sono state le assemblee parrocchiali in questo ultimo anno per decidere chi accogliere; assemblee segnate da conflitti, da senso di impotenza e incompetenza, ma anche promotrici di risposte adeguate ai nuovi bisogni. Infiniti sono stati gli incontri con Caritas, associazioni, sindacati, alcuni partiti, e anche con le neonate “Como senza frontiere” e “Arte migrante”.

Che farebbero San Giovanni Bosco e don Lorenzo Milani con circa 1.500 giovani stranieri neo arrivati e stabilmente presenti in una cittadina di 84mila abitanti? Si rimboccherebbero le maniche e andrebbero ai giardini vicino al lago, luogo in cui i giovani migranti si trovano per socializzare, ma anche per fumare e spacciare, e organizzerebbero dei giochi per attrarli e li inviterebbero in oratorio per una proposta formativa fatta di scuola, musica, teatro, danza, religione …

“LA CRISI È LA PIÙ GRANDE BENEDIZIONE”

Come diceva Albert Einstein ci aspettiamo che da questo momento di crisi per le parrocchie, per le città di frontiera come la nostra, sorgano novità: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, la scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato”.

IL TAVOLO INTERFEDI

La città di Como da cinque anni ha inventato “Intrecci di popoli”, un cammino strutturato voluto dal Comune, dal “Centro servizi volontariato”, dalle comunità dei migranti, dalla diocesi e dal “Coordinamento comasco per la pace” per facilitare l’incontro, la conoscenza, la capacità di pensiero programmatico dei popoli che convivono a Como.

“Intrecci di popoli” propone ogni anno una serie di iniziative culturali, sportive e religiose, in particolare ha promosso il tavolo interfedi che riunisce alcune chiese ortodosse, cattoliche, evangelico-pentecostali, alcuni centri islamici, comunità buddhiste e bahá’í e la comunità rastafariana. 

È un comitato nato dal basso che per ora ha come luogo di ritrovo una sala del comune e sceglie ogni anno un tema su cui lavorare: nel 2017 i diritti dell’uomo. 

Le comunità cattoliche etniche che vivono a Como (Sri Lanka, Ghana, Nigeria, Congo, Pakistan, Filippine, Salvador, Ucraina, Burkina-Faso) si ritrovano regolarmente, ma prevalgono in esse le preoccupazioni organizzative interne rispetto all’apertura ecclesiale, sociale e politica.



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