From the editor's desk
"The Tablet" - 2 gennaio 2014
Una lezione preziosa che papa Francesco ha già impartito alla Chiesa cattolica è che l’imitazione di Cristo è l’unica strada sicura per convincere le persone. Da quando è arrivato a reggere il timone della Chiesa la scorsa primavera, ha abbattuto le incrostazioni di ricchezza e di potere che il pontificato aveva accumulato nei secoli, riducendole all’essenziale. Egli sembra essere acutamente consapevole di ciò che attrae nel cattolicesimo e di ciò che in esso ripugna, la semplice formula è che quanto più esso punta lontano da sé, rivolgendosi a Cristo, tanto più esso è convincente.
Egli è stato designato “Uomo dell’anno” da varie parti, ma il riconoscimento che più meriterebbe è quello dell’industria delle pubbliche relazioni, per aver mostrato come si può trasformare da un giorno all’altro ciò che viene visto da molti come un marchio tossico in uno vincente.
Non è solamente l’uomo in sé ad essere attraente, ma anche ciò che egli rappresenta. Così il processo di riforma che egli ha avviato non è rendere la Chiesa più simile a Francesco, ma più simile a Cristo. Il Vangelo, egli si rende conto, non può essere predicato ai poveri e agli inermi dai ricchi e dai potenti – anche se le parole fossero quelle giuste. Il simbolismo le contraddice. Il Vangelo ha bisogno d’integrità tra messaggio e messaggero. Coloro che preferiscono un’immagine del Vaticano come di una gloriosa monarchia rinascimentale, circondata da una deferente corte rinascimentale, trovano piuttosto scomoda la transizione ad un cristianesimo autentico.
Tuttavia egli non ha eliminato un singolo insegnamento della Chiesa. La sua ortodossia è impeccabile. È chiaro che la Chiesa non ha bisogno di ridurre le sue vele dottrinali per guadagnarsi nuovamente il rispetto. Non l’ebbe nemmeno Cristo: questa è un’altra lezione. È impossibile etichettare Francesco come progressista o come conservatore perché egli è essenzialmente entrambe le cose. Egli rende possibile vivere in armonia nell’unica Chiesa ad entrambe le scuole di pensiero. Non è un autocrate – infatti gli piace sovvertire la sua stessa autorità, dicendo ad ogni cattolico che riceve un rimprovero dalla Congregazione per la Dottrina della Fede di stare calmo e andare avanti.
Non c’è modo di sapere dove questo viaggio porterà. Se il 2013 è stato l’anno delle sorprese papali, la più grande delle quali sono forse state le dimissioni per cattiva salute di papa Benedetto XVI, il 2014 potrebbe essere altrettanto imprevedibile, forse ancora di più. Il ruolo del papa è in corso di ridefinizione. Allo stesso modo, come risultato della sua guida, vengono ridefiniti i ruoli dei vescovi, del clero e dei laici.
Nel corso del 2014 papa Francesco dovrà intraprendere su larga scala la riforma, che egli ritiene senz’altro necessaria, riforma dell’apparato di curia del Vaticano, sotto la direzione degli otto cardinali da lui scelti quale suo gruppo speciale di consulenti. Nel corso dei secoli, la Chiesa cattolica ha assunto una struttura di potere verticale e piramidale, con stratificazioni graduate di status gerarchico dall’alto in basso. L’esempio di papa Francesco consente di dire che ciò forse non è giusto: che ben lontano dall’essere una delle caratteristiche che definiscono la Chiesa, la stessa idea di una gerarchia di potere è estranea al Vangelo, così come l’idea che tutto quel potere debba risiedere esclusivamente nelle mani di anziani chierici maschi. E se la collegialità fosse non solo il principio giusto per la struttura interna dell’episcopato mondiale, come chiaramente pensa Francesco, ma anche per organizzare ogni diocesi e parrocchia?
Quali riserve di energia spirituale potrebbero in tal modo essere liberate?
Traduzione italiana a cura di Federico Tagliaferri
pubblicata con il consenso dell'editore
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