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La visita di Papa Francesco in Egitto

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La visita di papa Francesco in Egitto ha richiamato attenzione e interesse da parte dell’opinione pubblica internazionale, non solo da parte dei cattolici. Molti sono stati i commenti favorevoli e gli apprezzamenti in tutto il mondo. Il desiderio di un abbraccio con il popolo del principale paese arabo è stata la cornice che ha inteso racchiudere una serie di motivazioni che stanno alla base stessa del viaggio.

Anzitutto papa Francesco ha voluto dare una dimostrazione concreta di quella “pedagogia dei gesti” che alcuni dei suoi predecessori avevano già assunto come modalità dell’agire e dello “stile” della Chiesa nel mondo di oggi: incontrare e dialogare con tutti, portare una parola di rispetto, di amicizia e di fratellanza ad ogni essere umano, indipendentemente da ogni altra considerazione. Da questo punto di vista, il viaggio testimonia quell’amore universale che anima l’agire di Francesco, senza lasciarsi condizionare da ostacoli e fatica.

È l’urgenza del Vangelo che gonfia le vele della barca di Pietro.

In questa visita le difficoltà certo non mancavano: un Medio Oriente con la febbre alta per le acute crisi che lo dilaniano (Siria, Iraq, Yemen, Libia per citare solo le più acute), il rischio terrorismo sempre in agguato, l’Isis in difficoltà ma forse proprio per questo non meno pericoloso, la situazione politica interna egiziana e il connesso pericolo di “legittimare” con la propria presenza un regime, quello del presidente al-Sisi, inviso a molti ed in particolare al potente movimento dei “Fratelli musulmani”, costretto alla clandestinità dopo il golpe del 3 luglio 2013, in un paese in cui la violazione dei diritti umani è all’ordine del giorno, come la tragica fine di Giulio Regeni non manca di ricordarci.

In secondo luogo, Francesco ha mostrato di essere quanto mai determinato nel “chiudere” simbolicamente la spinosa vicenda dell’incomprensione suscitata nel mondo musulmano dal discorso pronunciato a Regensburg (Germania) da papa Benedetto XVI il 12 settembre 2006, non tanto per il malinteso in sé (peraltro artatamente gonfiato da alcuni esponenti musulmani), quanto per la volontà di ribadire il suo messaggio di stima e affetto ai fedeli musulmani. È questo il senso del suo incontro con il grande imam dell’università di al-Azhar, Amad Al-Tayeb, personaggio peraltro controverso e ambiguo: il desiderio di voltare pagina nei rapporti tra cristiani e musulmani.

È opportuno ricordare che il disappunto che molti musulmani provarono in tutto il mondo fu grande nell’ascoltare le parole di Benedetto XVI, che nel suo discorso fece riferimento al dialogo che l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, probabilmente nell’anno 1391, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam. Nel dialogo emergeva un giudizio negativo da parte dell’imperatore nei confronti dell’islam, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra religione e violenza. Nella rievocazione di un tale dialogo, da contestualizzare in epoca medioevale, i musulmani in larga misura non riconobbero i punti essenziali della loro fede, e molti la considerarono una manifestazione al sommo livello di quella islamofobia diffusasi con virulenza dopo gli attentati dell’11 settembre.

Va rilevato tuttavia che molte delle reazioni erano dovute alla non perfetta conoscenza del discorso e a quanto di esso riportato (a volte in modo distorto) da agenzie di stampa e giornali.

In terzo luogo, la visita di papa Francesco ha voluto essere un sostegno e un segno di speranza per i cristiani d’Egitto, flagellati in tempi recenti e meno recenti da sanguinosi attentati che sono costati molte vite, presumibilmente compiuti da radicali jihadisti, che hanno in odio la presenza di una minoranza cristiana e ogni prospettiva di pacifica convivenza. Nessuno è in grado di dire quanti siano i copti, che costituiscono la grande maggioranza dei cristiani nel paese, stime non verificabili parlano del dieci percento della popolazione, cioè circa 9 milioni di fedeli. In grande maggioranza si tratta di copti ortodossi, ma esiste anche una piccola minoranza cattolica di circa duecentomila persone. Le differenze dottrinali e liturgiche sono in realtà minime, esclusa la menzione del papa nella parte della Messa in cui ciò è previsto.

La differenza sta solo nella funzione del papa di Roma, riconosciuto come primus inter pares, ma non come primate di tutti i cristiani.

Si comprende dunque perché l’abbraccio con Tawadros II, papa della Chiesa ortodossa copta e patriarca di Alessandria, sia stato così stretto e carico di emozione.



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