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IL GESUITA LUDOVIC LADO LANCIA UN APPELLO-ULTIMATUM PER LA PACE IN CAMERUN

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Ludovic Lado, padre gesuita camerunese, antropologo, noto per le sue profetiche prese di posizione nei confronti dell’attuale regime in Camerun e per le sue denunce contro ogni ingiustizia, il 15 settembre scorso ha lanciato un appello-ultimatum alla Chiesa cattolica, al governo e ai gruppi armati che operano nella zona anglofona del paese affinché escano dall’incertezza e affrontino con più decisione la questione della pace. Già vice-preside della Facoltà di scienze sociali dell’Università cattolica dell’Africa centrale (Ucac), a Yaoundé, nel 2012 era stato licenziato per le sue energiche prese di posizione. “Esiliato” ad Abidjan, attualmente è direttore del Centre d’Etude et de Formation pour le Développement (Cefod), a N’Djamena, Ciad. Di seguito il suo appello-ultimatum (in una nostra traduzione). 

“NON POSSO PIÙ TACERE” di Ludovic Lado, SJ

Mentre la crisi nella zona anglofona [del Camerun] si aggrava sempre di più, raggiungendo livelli di ingovernabilità, il dialogo, la giustizia, la riconciliazione e la pace rimangono le parole-chiave per una soluzione di lunga durata. È quello che diciamo dall’inizio di questa tragedia che ogni giorno di più sprofonda nell’orrore che crocifigge donne e bambini davanti ai nostri occhi. La mia fede di cristiano – sacerdote, profeta e re – mi proibisce l’indifferenza. La nostra indifferenza è diventata un peccato pubblico. Non posso più stare tranquillo. Ma cosa devo fare?

Mi chiedo se la Chiesa cattolica in Camerun ha fatto tutto quanto era in suo potere per convincere il governo e gli abitanti della zona anglofona ad una soluzione negoziata della crisi? Penso di no. E quando parlo della Chiesa cattolica, non intendo riferirmi solo ai vescovi e al clero, ma anche ai laici che vanno a messa ogni domenica. Cosa abbiamo fatto per il ritorno della pace nel Nord Ovest e nel Sud Ovest del paese? Cosa stiamo facendo e cosa abbiamo in animo di fare per il ristabilimento della pace in questa zona del Camerun? 

Il 22 maggio 2018 i vescovi nigeriani organizzarono una marcia di protesta pacifica contro le uccisioni e il sequestro di persone in quel paese. Il 1° marzo 2020, la Conferenza episcopale nigeriana è stata in prima linea nella marcia contro l’insicurezza e le uccisioni tuttora in corso nel paese. Ogni volta il clero – d’accordo con il suo impegno pastorale – è stato in prima linea, seguito dai laici. Di questo impegno abbiamo bisogno oggi in Camerun, fino a quando il governo e gli abitanti della zona francofona non siederanno al tavolo del dialogo in nome della giustizia, della pace e della dignità umana. L’indifferenza della Chiesa cattolica in Camerun è un peccato. “Beati gli operatori di pace” (Mt 5, 9), “beati i perseguitati per la giustizia” (Mt 5,10). È giunta l’ora di vivere concretamente queste beatitudini nel paese.

Se entro ottobre 2020 la Chiesa cattolica, il governo e gli abitanti della zona anglofona non si mobiliteranno per il dialogo, per la giustizia, per la riconciliazione e la pace nel Nord Ovest e Sud Ovest del paese, mi mobiliterò io stesso. Non ho nulla da nascondere. Comincerò un pellegrinaggio a piedi partendo da Bamenda fino a Buea, passando per Yaoundé e Douala, finché i belligeranti non capiranno che è giunta l’ora di mettere fine alla sofferenza umana in queste regioni.

Prenderò il mio bastone di pellegrino solo se la Chiesa – come comunità di sacerdoti, profeti e re, discepoli di Gesù Cristo, il martire per eccellenza – persisterà nell’indifferenza. Sono pronto a morire per questa causa, se necessario. Meglio morire per la giustizia, in favore di tutti, piuttosto che morire di Covid-19. Se dovessi morire in questo pellegrinaggio, questo appello diventerebbe il mio testamento. Sulla mia tomba basterà scrivere: “Beati i perseguitati per la giustizia” (Mt 5,10). L’indignazione non basta più. Non posso più stare tranquillo.



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