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COVID-19 – MOZAMBICO / UNA VOLTA TANTO NON SIAMO TRA I PRIMI

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Una volta tanto non siamo tra i primi. L’anno scorso siamo stati il quinto paese al mondo con il numero più alto di morti per malaria. Occupiamo la quinta posizione anche per tubercolosi: 551 casi ogni 100mila abitanti. Siamo tra i primi al mondo per tasso di incidenza dell’HIV, con il 13,2 per cento della popolazione sieropositiva. Siamo tra i primi anche per denutrizione cronica infantile, che colpisce il 43 per cento dei bambini mozambicani. Siamo il decimo paese al mondo con il più basso indice di sviluppo umano (indice composito che bilancia Pil pro capite, speranza di vita e tasso di alfabetizzazione). Siamo piazzati bene anche come tasso di analfabetismo con un invidiabile 39 per cento e non scherziamo con la disuguaglianza di genere: ad esempio, se gli anni di scuola in media per un mozambicano sono 3,5 in tutta la sua vita, per gli uomini sono 4,5, mentre per le donne sono 2,5.

Se diamo un’occhiata alla nostra classe politica, notiamo che siamo alla posizione 22 su 161 come indice di percezione della corruzione, mentre l’anno scorso, dopo le ennesime elezioni fraudolente, abbiamo perso cinque posizioni nel ranking mondiale dell’indice di democrazia, dove siamo classificati come “regime autoritario”.

Di fronte a tanti encomiabili primi posti che ci fanno eccellere a livello planetario, pare che il Covid-19, almeno fino ad ora, abbia avuto pietà di noi: con 101 casi diagnosticati fino all’11 maggio - dei quali la maggior parte asintomatici o con sintomi lievi - e con 0 decessi, una volta tanto stiamo in fondo alle classifiche globali.

Il giorno dopo l’annuncio del primo caso (il 22 marzo) in una conferenza stampa congiunta, organizzata in fretta e furia, il primo ministro, il ministro dell’economia ed il ministro della salute chiedevano alle istituzioni internazionali 700 milioni di dollari per fare fronte alla pandemia. Incuranti del fatto che l’aiuto esterno al bilancio della Stato è sospeso dall’aprile 2016, dopo la scoperta dello “scandalo del debito occulto”,  che con i suoi 2,2 miliardi di dollari, è uno dei maggiori scandali finanziari nella storia del continente africano. Come il Covid-19, anche il FMI (Fondo Monetario Internazionale) ha avuto pietà di noi ed ha promesso un prestito di 309 milioni di dollari. I dubbi persistono, tenendo conto della dubbia pietà del FMI e, soprattutto, della dubbia onestà di chi dovrà gestire quei soldi. 

Dal 24 marzo, il governo ha chiuso le scuole, proibito gli assembramenti e sospeso i visti. Inoltre, dal primo aprile ha decretato lo stato di emergenza, che continua fino ad oggi. Ma come fermare un paese dove il 60 per cento della popolazione è povera e l’88 per cento sopravvive lavorando nei settori dell’agricoltura di sussistenza e dell’economia informale? Tradotto: come tenere chiusa in casa mamma Sara che, se vuole preparare alla sera la cena per i suoi sette figli, deve trovare i soldi vendendo di giorno le banane al mercato?

È cosa nota che le sofferenze, come le ricchezze, non sono proprio esattamente distribuite sulla faccia della terra: così, almeno 74 dei 115 casi diagnosticati si trovano nella regione settentrionale di Cabo Delgado e sono lavoratori, in gran parte mozambicani, della multinazionale francese Total che, nella penisola di Afungi ha messo in piedi uno dei maggiori investimenti del continente per l’estrazione del gas. Proprio in queste settimane, questa regione sta soffrendo per un’epidemia di colera, ma soprattutto, dall’ottobre 2017, per gli attacchi di gruppi jihadisti che hanno già fatto un migliaio di morti e circa 200mila sfollati.

Caro Covid-19, ti supplichiamo, continua ad avere pietà di noi. Risparmiaci, almeno una volta, di non essere annoverati tra i primi della top ten nelle classifiche globali.



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