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Vivere la cultura dell’incontro

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Papa Francesco, nel duomo di Milano, si è rivolto con queste parole, lo scorso marzo, a 4 mila presbiteri, religiosi e diaconi. Malgrado la fragilità delle congregazioni, “di fronte alla tentazione dello scoraggiamento, dell’accidia, di pensare che ‘tanto, nulla cambia’, nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37)”.

“Quando crediamo che tutto dipenda esclusivamente da noi rimaniamo prigionieri delle nostre capacità, delle nostre forze, dei nostri miopi orizzonti. Quando, invece, ci disponiamo a lasciarci aiutare, consigliare, quando ci apriamo alla grazia, sembra che l’impossibile incominci a diventare realtà. Come ieri, Dio continua a cercare alleati, uomini e donne capaci di credere e cooperare con la creatività dello Spirito”.

La resurrezione di Gesù ci ricorda che l’amore di Dio è più forte del male, della morte, e può trasformare la nostra vita, facendo fiorire le zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. Dio trasforma “la nostra notte in alba, la nostra afflizione in gioia, la nostra morte in risurrezione”. La fede è credere che c’è qualcuno che ci ama, e questo diviene, in noi, fonte di speranza, ottimismo, solidarietà.

Per Dio e per la sua misericordia, niente è perduto, nulla è impossibile. Anche la pietra del sepolcro (un vero macigno) può essere rimossa. Bisogna aiutarlo, però, a vincere il male e a seminare il bene, la pace, l’amore, il dialogo.

Guardiamoci intorno, c’è tanto bene, che spesso rimane nascosto.

Papa Francesco ci ha indicato una via. Il recente abbraccio, avvenuto al Cairo (Egitto) tra lui e il grande imam, massima autorità dell’islam sunnita, è un invito, rivolto a tutti, ad avere fiducia e coraggio.

“Nel momento in cui il terrorismo islamista insanguina l’Occidente, e in Oriente e nel mondo perseguita i cristiani e altri credenti, il papa va in Egitto come uomo di pace, pace vera (M. Corradi)”. Nel momento in cui aumentano ovunque i muri e chi rientra nella cultura dello scarto è allontanato, per decoro, il gesto di Francesco ci sprona a credere nell’altro, da vedere non come un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, servire e aiutare.

La fede ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura “dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto, a proteggere i diritti degli altri”. 

Francesco ha usato un’auto non blindata, quasi a dire agli egiziani: “Voglio essere vicino alla gente e vivere come voi”. Ha voluto essere solidale con il patriarca copto ortodosso Tawadros II, dopo i recenti sanguinosi attentati, l’ultimo la Domenica delle Palme. 

Dice il gesuita p. Borg: “L’importante è non rispondere mai alla violenza con l’odio. Il Papa, forse, ha potuto scoprire in questa sua visita, l’Egitto capace di costruire ponti di riconciliazione con ogni uomo di buona volontà”.

Francesco ci ha indicato la via della pace, del dialogo, della fiducia nell’altro. Ora sta a noi fare la nostra parte. 



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